Santuario della Santa Casa di Loreto a Tresivio

Angelo De Michielli

 

Partendo da Sondrio, sia lungo la strada panoramica che sale a mezza costa della sponda retica, sia lungo la strada statale di fondovalle, fa bella mostra di sé, per dimensioni e maestosità compositiva, il santuario della santa Casa di Loreto a Tresivio, costruito dalla devozione popolare a più riprese, ma con un impulso decisivo durante il secolo XVlll. Esso fu iniziato nel 1646, ma dai documenti risulta che in tale luogo già esisteva la chiesa di Santa Maria di Tronchedo. Le prime notizie risalgono al 1016 e nel 1094 è indicata come "baxilica" una cappella, secondo il significato attribuito a questo termine dai testi del tempo. Dal 1106 almeno risulta documentata la sua dipendenza dal monastero di Sant’Abbondio di Como. Presumibilmente nella prima metà del XII secolo presso questa chiesa si venne costituendo una piccola comunità monastica benedettina, una "cerula", come si legge in un atto del 1185, ospitata verosimilmente nella "domus" di proprietà della chiesa che viene spesso citata nei suoi atti amministrativi. Alla metà del Duecento venne meno la presenza diretta dei monaci benedettini, ma continuò ad esistere la chiesa di Santa Maria, dove nel 1440 il nobile Giovanni Beccaria fondò un beneficio con riserva del diritto di patronato.

Alla famiglia Guicciardi spetta per tre secoli il diritto di patronato sulla Santa Casa di Loreto che trae origine da una disposizione testamentaria di Antonio Guicciardi del 16 maggio 1656. Costui, intendendo fondare un beneficio ecclesiastico con riserva di diritto di patronato alla propria famiglia, pensa di legare a tale beneficio stabili, fitti e capitali per un importo di 8.000 imperiali.

Giacinto Guicciardi, nel rispetto delle ultime volontà dello zio, il nobile signor Antonio, fonda il benefìcio della Santa Casa e designa come primo cappellano il chierico Francesco Medici di Valcamonica, destinato ad entrare in possesso della cappellania non appena ordinato sacerdote con l'onere di celebrare nella "Casa o chiesa lauretana" due messe alla settimana.

La devozione mariana, sempre viva tra gli abitanti di Tresivio e testimoniata anche dalla presenza di una antica confraternita denominata "schola Sanctae Mariae", porterà alcuni secoli più tardi a costruire intorno e sopra la chiesa di S. Maria di Tronchedo il santuario della santa Casa. Il vescovo Ninguarda, nella sua visita del 1589, annota che nei pressi della chiesa di "S. Maria di Tronché" esistevano alcune case diroccate.

Negli atti della prima visita del vescovo Lazzaro Carafino nel 1629 si fa cenno alla "erigenda chiesa dedicata alla Beata Vergine di Loreto" e in quella del 1646 si legge: "Per la chiesa di S. Maria, hora Lauretana di Tresivio o Tronchedo. Volendosi fabbricare di nuovo questa chiesa s’osservi il disegno approvato et intanto si mantenga delle cose necessarie per la celebrazione e si celebri frequentemente per mantenervi e accrescervi la devozione, e si eseguano li decreti delle passate visite".

Il 30 novembre del 1646 l’arciprete Lambertenghi benediceva la prima pietra, ma per mancanza di fondi i lavori procedettero a rilento e nel 1682 il vescovo Carlo Ciceri, accogliendo la supplica presentata dall’arciprete e dai sindaci della chiesa, autorizzò la raccolta di questue in tutta la valle.

Sorse così il primo nucleo del santuario, individuabile nei possenti volumi della navata. Si trattava di una struttura non usuale per la zona, costituita da un'unica aula voltata a botte, sulla quale si affacciano le cappelle laterali e i matronei, il tutto risolto esternamente con un volume compatto che ripropone anche sui prospetti laterali la sovrapposizione su due ordini della facciata e quel moltiplicarsi di nicchie che rende così riconoscibile la santa Casa di Tresivio. Altra peculiarità è la presenza delle due torrette poligonali con cupola e lanternino. Al momento non si sa chi abbia concepito una costruzione tanto imponente, ma le forme sorvegliate e mature inducono a ricercare il nome dell'architetto fuori dalla provincia, forse anche oltralpe, ed in circuiti colti.

Il santuario, eretto sopra un colle, è facilmente visibile dai dintorni. "Ex portis filiae Sion": è inciso sul bellissimo portale in pietra verde di Tresivio scolpito da Giovan Maria Tamagnino di Bormio con l’aiuto di Giuseppe Culturi nel 1714, mentre i battenti coperti in rame sbalzato sono di Giacomo Bichler (1757).

L’edificio originario, forse a pianta quadrata coperto da una volta a botte, fu completato con la cupola, i transetti, il tiburio, il campanile e il piccolo edificio interno, riproducente la santa Casa di Loreto nelle Marche, da dove si vuole che gli angeli abbiano portato un mattone. La prima pietra fu benedetta nel 1701 dall’arciprete di Tresivio Ignazio Lazzaroni. I grossi pilastri su cui si impostano cupola e tiburio mirano ad un effetto di grandiosità, ottenuto rimarcando il segno possente delle strutture del santuario, concepito come lo scrigno forte e sfarzoso che doveva custodire e proteggere la santa Casa.

Sono di particolare effetto la maestosa facciata, di impostazione barocca d’oltralpe e i due lati volti a mattina e sera. La facciata principale presenta due ordini sovrapposti, marcati da cornicioni orizzontali che ne determinano i più evidenti effetti chiaroscurali. La superficie è ripartita in cinque zone, di cui la centrale, più ampia, è caratterizzata dalla presenza del portale in pietra verde di Tresivio che, con le sue vibrazioni cromatiche, si stacca dalla piana estensione del muro di facciata; le lesene che scandiscono verticalmente i due ordini sovrapposti si concludono al cornicione più alto, sormontato da un arco affiancato da singolari elementi decorativi di vago sapore veneziano. Le altre campiture della facciata, simmetricamente disposte, sono alleggerite da nicchie incorniciate da motivi dipinti che richiamano elementi architettonici. Sui prospetti laterali manca verso monte la quinta campitura simmetrica a quella di base alle torri di facciata, cioè quella su cui dovevano essere impostate altre due torri.

All’interno, la navata, che può ospitare un migliaio di fedeli, presenta altari laterali sormontati da matronei, il transetto e il coro con un bel Crocifisso scolpito. Le linee architettoniche sono messe in risalto dalla scarsità degli affreschi. Le decorazioni murali sono del mastro Giacomo Adamo di Lugano che nel 1724 realizzò la volta e il cornicione, mentre lo stuccatore Casella nello stesso anno è autore del fregio e dei capitelli. Colpiscono la vastità luminosa e le linee architettoniche di ardita verticalità: lo sguardo è subito attratto dalla santa casa di Nazareth, posta all’incrocio del transetto, ove è collocato il simulacro della Beata Vergine, il cui volto, come quello della Madonna di Loreto, è nero e bellissimo ("nigra sed formosa").

La cappella è decorata all’esterno con fini stucchi e all’interno con una "pergula" dorata in legno e ferro battuto. La nicchia con un’ancona seicentesca, attraverso il vetro lascia scorgere la Madonna nera. Il paliotto dell'altare, in legno sbalzato e colorato, ritrae san Luigi Maria Grignion de Monfort in un atteggiamento di devozione alla Vergine nella bottega di Giuseppe che tiene per mano l'adolescente Gesù.

Fanno parte del patrimonio del santuario quattro reliquiari e un tavolo in noce del ’600, una croce d’altare d’argento massiccio, dono di benefattori romani (1709) e numerosi paramenti. L’organo attuale della ditta Locatelli di Bergamo ha sostituito nel 1876 lo strumento seicentesco di Carlo Prata di Gera Lario ed è stato completamente restaurato nel 2000 da Antonello Puglia di Tresivio.

Sotto al santuario, come in una cripta, sono visibili i resti della chiesa originaria di Santa Maria di Tronchedo. È un ampio salone coperto con volte regolari sostenute da sei colonne di granito; sopra l’unico altare tornerà presto la bella tela, opera di Pietro Ligari, raffigurante la morte di Sant’Andrea Avellino (temporaneamente affidata al Museo civico di Sondrio).

Nel santuario si conservano pochi arredi: alcuni sono purtroppo stati rubati, come ad esempio le statue dei Discepoli originariamente inserite nelle dodici nicchie all’esterno della santa casa di Nazareth, mentre altri, custoditi temporaneamente altrove a causa dei lavori di restauro, torneranno presto: è il caso della tela raffigurante lo Sposalizio della Vergine, dipinta nel 1782 dal milanese Michele Annoni, allora residente a Tresivio. Alla Madonna nera di Tresivio sono state dedicate molte tabelle e quadri votivi che testimoniavano la devozione dei fedeli per le grazie ricevute.

La chiesa, per decreto ministeriale del 1913, è stata inserita fra gli edifici monumentali d’Italia e nel 1931 è stata elevata a dignità di santuario dal vescovo di Como mons. Alessandro Macchi. Dal 1936 al 1949 il santuario fu affidato ai Padri Montorfani e successivamente ritornò alla parrocchia di Tresivio.

Scriveva il vescovo Carafino nella sua terza visita a Tresivio del 1654: "È incominciato l’edificio di questa chiesa su disegno di grande e dispendiosa mole, però si ricorda alla divozione dei fedeli il proseguirla sino al fine. Frattanto si provveda delle suppellettili necessarie alla celebrazione delle messe, e si faci reindorare fra doi mesi la patena che si trova. Si prepari un libro capace, nel quale distintamente si notino le spese e il ricavato per detta chiesa da deputati, i quali ogni anno ne renderanno i conti all’arciprete [...] per essere da lui admessi e sottoscritti". Ma né la lungimiranza del vescovo Carafino, né il contributo determinante del sacerdote teologo di Tresivio don Bartolomeo Gianoncelli, che operò con un grosso intervento di restauro (secolo XIX) in modo particolare alla cupola e alla cripta, né altri interventi successivi sono valsi ad evitarne la chiusura al pubblico per motivi di sicurezza nel 1968.

Alfredo Corti, illustre tresiviese e professore emerito dell’università di Torino, nel 1969 così scriveva in chiusura del suo "Tresivio in Valtellina e la sua santa Casa": "i Valtellinesi attendono, ansiosi, che gli auspicati restauri affrettino la riapertura al culto del loro glorioso santuario mariano, eretto solenne sul colle, dove la natura sfavilla nell’incanto della catena Orobia, screziata di scintillanti ghiacciai, del lontano e aereo Adamello, del verde colle d’Aprica, della splendente abetaia dell’antica Teglio, signoresca e turrita".

La Biblioteca comunale di Tresivio, in collaborazione con la parrocchia, ha promosso il 26 novembre 1983 una serie di iniziative sul santuario e il convegno "La santa Casa di Tresivio: attualità e prospettive per un rilancio".

Il 6-9 settembre 1984, dopo anni di attesa, il parroco don Cipriano Ferrario ha riaperto il santuario per la festa della Madonna. È stato un evento significativo ritrovarsi in una chiesa spoglia e transennata per la recita del rosario, la celebrazione della messa e la processione con fedeli affluiti da ogni parte della valle.

La Comunità montana Valtellina di Sondrio nel l986-88, con incarico affidato al Politecnico di Milano, ha finanziato un progetto di indagini e di restauro statico del santuario, la cui situazione strutturale già precaria è peggiorata con le calamità del 1987.

Solamente dal 1995, dopo i lavori di consolidamento alla cupola e alle fondazioni intrapresi direttamente dalla Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici, sono state rimosse tutte le transenne e la vita all’interno del santuario è ritornata gradualmente alla normalità.

Infine dal 1996, con i fondi della Legge Valtellina, i contributi della Conferenza Episcopale Italiana, del vescovo di Como, mons. Alessandro Maggiolini, del tresiviese mons. Mario Bonomi e con le sottoscrizioni della gente, è stato possibile intervenire in maniera definitiva sul santuario: l’allora parroco don Ferrario ha costituito un Comitato incaricato di occuparsi del restauro.

Nello stesso anno, 350° dalla costruzione, sono ricominciati i pellegrinaggi di parrochie della valle, tra cui quella di Sondrio con oltre 600 pellegrini e, in occasione delle feste settembrine della Madonna presiedute da mons. Eliseo Ruffini, si sono celebrate feste solenni. Il 30 novembre seguente, in occasione della visita a Como (4-5 maggio 1996) del papa Giovanni Paolo Il, anche la santa Casa di Tresivio ha riaperto i battenti per permettere ai fedeli di seguire su un grande schermo, in diretta televisiva, il santo Padre e recitare con lui il rosario.

Non essendo mai stata ultimata e a causa delle varie chiusure per gravi problemi statici, la santa Casa lauretana di Tresivio non annovera molti visitatori illustri, oltre ai vescovi di Como Ninguarda nel 1589, Carafino nel 1629, 1646 e 1654, Ciceri nel 1682, Torriani nel 1688 e Romanò nel 1833.

A partire dagli anni ’80, prima  il sen. Eugenio Tarabini e successivamente il compianto senatore Vittorino Colombo, già presidente del Senato, si sono interessati fattivamente ai restauri.

I più importanti interventi, ultimati nel 2001, progettati dall'arch. Gian Andrea Maspes e dall'ing. Lorenzo Jurina del Politecnico di Milano, hanno riguardato il consolidamento della muratura e delle arcate che sostengono il sagrato, delle strutture murarie su cui grava la cupola, dell'arco trionfale, del tetto e del campanile, la sistemazione del sagrato (con aiuole, intercapedini e impianto di illuminazione esterna), il restauro dei pinnacoli, la ripulitura degli stucchi della cupola e dei cornicioni, il rifacimento delle finestre, il restauro completo dell’organo, l’impianto elettrico e di amplificazione sonora. In alcuni di questi lavori (sistemazione dell’impianto elettrico della cripta, rifiniture esterne, ecc.) va segnalata la prestazione dei volontari: dai gruppi Alpini alla Protezione civile di Tresivio.

Nel 2001 la santa Casa torna agibile e riprendono anche le manifestazioni socio-culturali che hanno caratterizzato la vita di questo santuario (concerti d’organo, rassegna delle corali della zona, concerti di bande e orchestre, pesca di beneficenza, mostre ecc.). Volontari assicurano l’apertura estiva del santuario al sabato e alla domenica dalle ore 15 alle 18.

  

Per informazioni: tel. 0342 430118.

Bibliografia

Cenni storici intorno alla Santa Casa di Tresivio (Valtellina) ricorrendo il VI centenario della traslazione della Santa Casa di Loreto, Como 1894.

Atti della tavola rotonda "La Santa Casa di Tresivio (26-11-1983)", "Tresivio. Bollettino della Biblioteca comunale", n. 3, 1985.

A. CORTI, Tresivio in Valtellina e la sua Santa Casa, "Periodico della Società storica comense", XLIII (1969).

M. A. CARUGO, Tresivio. Una pieve valtellinese tra Riforma e Controriforma, Sondrio 2000.

L. MARTINELLI PERELLI, Presenza benedettina in Valtellina: Santa Maria di Tresivio, in Lombardia monastica e religiosa, a cura di G. Merlo, Milano 2001.