sentenza dell'arcivescovo di saragozza, don pedro apaolaza ramìrez, dettata il 27 aprile del 1641, con la quale si dichiara miracolosa e ottenuta per intercessione di nostra signora del Pilar la restituzione a mIguel jUan pellicer, di calanda, della gamba destra amputata e sepolta da due anni e cinque mesi.

 

IN NOMINE DOMINI –AMEN

Sappiano tutti che il giorno 27 aprile dell'anno 1641 dalla Nascita del Signore, nella città di Saragozza, innanzi all'Illustrissimo e Reverendissimo signor Don Pedro Apaolaza, per Grazia di Dio e della Sede Apostolica  Arcivescovo di Saragozza, Consigliere del Re etc., in un processo e causa innanzi al suddetto Illustrissimo e Reverendissimo Arcivescovo, pendente presso la sua Curia, ed avente per titolo «Processo degli Illustrissimi Signori Giurati del Consiglio e dell'Università della Città di Saragozza ai fini di accertare un miracolo», su istanza e supplica dei dottori Felipe Bardaxì e Gil Fuster, dottori in utroque iure e di Miguél Ciprés, notaio causidico, persone nominate dai succitati Illustrissimi Signori Giurati e dal Consiglio di questa Città per istruire questo processo; il detto Illustrissimo e Reverendissimo Arcivescovo, mio Signore, ha redatto per iscrìtto, letto e promulgato una sentenza del seguente tenore:

 

CRISTI AC BEATAE VIRGINIS MARIAE DE PILARI NOMINIBUS INVOCATIS.

«Noi, Don Pedro de Apaolaza, per grazia di Dio e della Sede Apostolica Arcivescovo di Saragozza, Consigliere del Re etc., abbiamo preso visione di tutto il procedimento che si è svolto ad istanza degli Illustrissimi Signori Giurati del Consiglio e dell'Università di questa città di Saragozza, e prestando attenzione, indagando con diligenza e ricercando con maturità le questioni dal processo riguardate.

«Consta dal suddetto processo che Dio Ottimo Massimo, che è glorioso nei Suoi Santi e meraviglioso nella Sua Maestà; le Cui ineffabili altezza e prudenza non hanno limiti, né possono essere circoscritte entro alcun termine, e che con il Suo retto giudizio dirige le realtà celesti e quelle terrene; e che, sebbene innalzi tutti i Suoi servi, li copra di grandi onori o li immetta nel possesso della beatitudine celeste; tuttavia, per dare a chi ne è degno ciò che ha meritato, innalza con maggiori onori, e remunera con più ricchi premi chi riconosce più degno e chi è raccomandato dalla maggiore eccellenza dei meriti, volle che Colei che è esaltata sopra tutti i cori degli Angeli, il cui trono è posto accanto al trono di Dio, e alla Cui destra è assisa vestita d'oro, cioè la Vergine Maria Sua Madre, fosse onorata con un miracolo avvenuto ai nostri giorni.

«Risulta infatti che nell'Ospedale Generale di Santa Maria della Grazia, sito in questa città, a Miguel Juan Pellicero, nativo di Calanda, di questo Arcivescovado, a causa di un infortunio fu recisa e amputata la gamba destra, poi affidata alla terra del cimitero del detto Ospedale due anni e vari mesi prima delle deposizioni dei detti testimoni, come dichiarano i testimoni 1, 5 e 7 in merito agli articoli 11 e 12.

«Risulta anche dalle dichiarazioni di cinque testimoni chiamati a deporre, e precisamente i testi 8, 9, 10, 12 e 13 in merito agli articoli 21 e 22, che la stessa notte in cui si dice che sia avvenuto il miracolo, che era uno degli ultimi giorni di marzo dell'an­no scorso 1640, un'ora prima che il detto Miguel Juan Pellicero si ritirasse a dormire per terra, i detti testimoni videro la cicatrice della gamba tagliata e con le loro proprie mani la toccarono e la palparono.

«Consta che, poco dopo che il citato Miguel Juan andò a coricarsi, i testi 8 e 13, che sono i genitori del detto Miguel, entrando nella stanza lo trovarono addormentato, con due gambe, e pieni di meraviglia gridarono per risvegliare il detto Miguel, e al loro urlo il testimone 12, che era rimasto fuori accanto al fuoco, ivi entrando trovò il detto Miguel, che poco prima aveva visto con una sola gamba, con due gambe; e che, interrogato il detto Miguel dai suoi genitori su come ciò fosse potuto accadere, rispose che non lo sapeva.

«Tuttavia [rispose] che non appena si fu adagiato sul suo giaciglio, preso da un sonno profondo, sognava di essere nella coppella, della Vergine Maria del Pilar, e di ungersi con l'olio di una lampada, e credeva che ciò fosse avvenuto ad opera della Vergine, a cui si era affidato pienamente, e veramente di cuore, mentre si stava coricando. Ciò visto, il teste 12 (come egli stesso afferma in merito all'art. 23) chiamò i testi 9 e 10, che erano vicini (di casa) e che con lui e i genitori del detto Miguel avevano insto che questi aveva una sola gamba e gli avevano toccato la cicatrice della gamba amputata; costoro, tornando a, casa di Miguel, lo videro con due gambe, e ne rimasero meravigliati; come essi stessi attestano nelle loro deposizioni sui detti articoli, dalle quali deposizioni degli otto testimoni risulta nel modo più assoluto sia la mancanza della gamba di Miguel, sia la sua reintegrazione.

«Risulta provata anche l'identità della sua persona, attestata dalla maggior parte dei testi escussi in merito all'art. 29; nonché l'identità della gamba, che è la stessa che gli fu amputata, come si evince dai segni indicati dal detto Miguel e dai testimoni e ritrovati sulla detta, gamba; come appare dalle deposizioni dei testimoni 8,10,13 sull'ali. 24, e testimoni 5, 8,11 e 13 sull'art. 30.

«Consta anche dalla deposizione di numerosi testimoni che il giorno seguente vi fu un grande afflusso di popolo per vedere la gamba restituita in modo miracoloso al detto Miguel; e che per ringraziare Dio lo accompagnarono alla chiesa, ove fu celebrato il sacrificio della Messa in ringraziamento; e dove tutto il popolo vide il detto Miguel che camminava e che lodava Dio, che confessò i suoi peccati e che riceveva il Santissimo Sacramento dell'Eucaristia; e che si riempirono di stupore e di meraviglia per ciò che gli era accaduto, perché riconoscevano che quegli era il giovane con una sola gamba che solo fino a poco tempo fa chiedeva l'elemosina; come si narra negli Atti degli Apostoli di quello storpio dalla nascita guarito miracolosamente da san Pietro.

«Risultano, inoltre, da numerose testimonianze in merito all'art. 6 e ad altri, la virtù e i buoni costumi dello stesso Miguel; la sua carità, tale che per aiutare i suoi genitori bisognosi si trasferì da questa città di Saragozza a Calanda; a cui giunse con grande fatica e ivi, e per i luoghi d'intorno, raccoglieva elemosine per sostenere sé e i suoi genitori; e tutto ciò da' ragione di un sì grande beneficio che il Signore gli ha concesso: poiché Dio da' la grazia agli umili.

«Risulta infine l'affetto, la fede e la speranza del detto Miguel nei riguardi della Madre di Dio e Vergine del Pilar; come si evince dalla deposizione del medesimo sull'art. 9, ove afferma che, non appena giunto in questa città per ottenere la guarigione della sua gamba, si diresse alla chiesa di Santa Maria del Pilar, e lì confessò i suoi peccati e ricevette il salutare sacramento dell'Eucaristia prima di presentarsi all'Ospedale Generale per cercare di essere risanato. E in merito all'art. 11 afferma che, nel dolore e nei momenti dell'amputazione e della cauterizzazione della gamba, invocava sempre e con tutto il cuore la suddetta Vergine, si affidava a Lei e implorava il suo aiuto.

«E, con riguardo all'art. 13, afferma che, induritasi un poco le cicatrice della ferita, ancor debole di forze tanto da non poter provvedere a se stesso, camminando con una gamba di legno, giunse, mosso e attratto dalla devozione alla Vergine, a quel tempio del Pilar; e ringraziò per aver recuperato la salute, e offrì di nuovo alla Vergine se stesso e la sua vita.

«E sull'art. 15, in modo conforme a quanto deposto dal primo teste, disse che, per il dolore che pativa nel moncone della gamba amputata, andava atta cappella della Vergine del Pilar, e si ungeva con l'olio di una delle lampade lì presenti; e che, avendo riferito ciò al Professar Estanga, maestro chirurgo del detto Ospedale, primo teste in questo processo, questi gli rispose che tale unzione nuoceva alla guarigione della sua ferita per via dell'umidità dell'olio, fatta salva la fiducia  in quanto poteva operare la Vergine;ma non per questo il detto Miguel smise di ungersi, ogni qualvolta gliene si offriva l'occasione.

«E sebbene alcune delle surriportate cose si evincano dalla sola deposizione di Miguel, è tuttavia da reputare che siano degne di fede; poiché depone su di un fatto proprio, e non si tratta di una questione da cui può derivarne danno a qualcuno; ancor più quando si tratta di un miracolo che, come tale, talora può essere provato anche mediante la testimonianza di una sola persona: circostanza che comunque non si da in questo caso, in quanto il fatto, da cui risulta il miracolo, è provato da più testi concordi.

«Da tutto ciò risulta che, nella questione qui trattata, sia pos­sibile ritrovare tutti gli elementi che si richiedono per la natura e l'essenza di un vero miracolo. Si tratta, invero, di un fatto opera di Dio su preghiera della Beata Vergine del Pilar a cui si affidò di cuore il detto Miguel Juan, che trascende l'ordine di tutta la natura creata. Questa non è infatti capace di reintegrare una gamba recisa e amputata. Ed è anche per rafforzare la nostra fede, poiché, ancorché siamo tra (già) fedeli, la fede può aumentare, come dice San Luca nel cap. 17: "Adauge nobis fidem" e San Marco nel cap. 9: "Credo, Domine, sed adiuva incredulitatem meam". Ha predisposto (Dio) un simile fatto per accrescere la carità dei fedeli, e per aumentare la devozione del popolo cristiano, perché si conservi netta stessa fede. E, questo, ancorché sia opinione di molti che non faccia parte dell'essenza del miracolo che questo produca un aumento detta fede. Ed infine, il fatto fu operato in un istante; invero, in un tempo così breve, come è stato dimostrato nel processo, il detto Miguel fu visto prima senza una gamba e poi con questa; quindi, non si vede come si possa dubitare di ciò.

«Né a ciò osta quanto il detto Miguel e la maggior parte dei testimoni hanno deposto in merito all'art. 26, e cioè che il detto Miguel non fu in grado di rendere stabile immediatamente il suo piede. Aveva infatti i nervi e le dita dei piedi contratti e quasi inservibili, e non sentiva il normale calore nella gamba, che appariva di colore cadaverico e non era né lunga né grossa quanto l'altra: tutte cose queste che sembrano ripugnare all'essenza del miracolo; sia perché non avvenne in un istante, sia perché una realtà così imperfetta non sembra poter venire da Dio, che non conosce opere imperfette.

«Allora, a ciò si risponde che l'istantaneità fa parte della natura del miracolo solo in quelle opere che la natura compie poco a poco. È il caso, ad esempio, della guarigione di un febbricitante; che per sapere se aia stata miracolosa, si può dire che non vi è altro segno che la sua istantaneità; infatti, la natura può ottenere ciò anche con il decorso del tempo, senza miracolo; e, nel dubbio, bisogna giudicarla una guarigione naturale, perché il miracolo deve essere oltre le possibilità di tutta la natura creata.

«Ma, quando la natura non può compiere un'operazione né in un istante né a poco a poco, allora, ancorché il fatto non sia avvenuto in un istante, lo si deve ritenere un miracolo, come nel nostro caso. È invero certo che la natura non può in alcun modo reintegrare nella sua pristina situazione chi è stato amputato di una gamba, poiché, non si può ritornare dalla privazione all'originario stato di natura.

«Pertanto, se fu visto il detto Miguel con una gamba sola, mentre ora ne ha due, ciò è avvenuto per miracolo, perché era naturalmente impossibile; e se non fu, (subito) perfètto lo stato di salute della gamba reintegrata, ciò non ripugna all'essenza del miracolo, perchè ciò che era miracoloso (e cioè la restituzione della gamba al detto Miguel) avvenne in modo perfetto e istantaneo. Per quanto concerne le altre cose, ossia il calore, l'estensione e la scioltezza dei nervi, la lunghezza e la grossezza detta gamba, la stanchezza nello sforzo, il recupero delle energie e della forza, non era necessario che ciò avvenisse miracolosamente. Infatti, la natura può fare tutto ciò; e così, anche se non avvennero in un istante, non per questo si può dire che non vi sia stato un miracolo. Oppure si può dire che, anche se Dio onnipotente e misericordioso poteva restituire in un istante e in perfette condizioni la gamba, tuttavia, come dice la glossa al capitolo VIII di San Matteo (in realtà, San Marco, ndr): Chi poteva essere guarito con una sola parola è sanato poco a poco (si parla del cieco dalla nascita), per rendere manifesta la profondità dell'umana cecità, che a malapena, e quasi con passi successivi, ritorna alla luce, e ci mostra la Sua grazia, con la quale sostiene ogni aumento della nostra perfezione. Oppure, diciamo che in questo coso non vi fu una successione, di miracoli, ma una pluralità: infatti, così come nel cap. VIII di Matteo  Cristo Signore ha voluto con un solo miracolo ridare la vista in modo confuso al cieco, e con un altro miracolo volle perfezionare la vista di costui, affinchè potesse vedere in modo chiaro, così che ciò che si poteva fare con un primo miracolo fu compiuto per mezzo di due miracoli; non diversamente nel nostro caso, Dio avrebbe ben potuto concedere nel medesimo istante al detto Miguel una perfètta guarigione; ma tuttavia, volle con un miracolo restituirgli la gamba, ancorché debole e più, corta dell'altra, e con un altro miracolo, dopo tre giorni, volte che alla gamba così reintegrata si estendesse il calore naturale, che i nervi e le dita si distendessero, e infine che divenisse uguale all'altra. Così che non vi fu una successione temporale di miracoli, ma una sorta di divisione, o di moltiplicazione del miracolo, di modo che ciò che poteva farsi con uno solo, fu compiuto con due o con più di due; forse, per manifestare che era avvenuto su preghiera della Beata Vergine del Pilar, in quanto solo dopo che il detto Miguel andò a visitarci, la salute gli fu restituita nel pristino stato, mettendo così in evidenza hi fede e devozione del detto Miguel, e così favorendo (anche) la nostra.

«Né, infine, è di ostacolo il fatto che al detto Miguel sìa rimasto qualche dolore, poiché non è contrario alla natura del miracolo se nella liberazione (dal male) appaia un dolore, o che questo rimanga in colui che è stato miracolosamente guarito: come ben si evince dal cap. IX di San Marco, ove lo Spirito, a un comando del Signore, esce da una persona sorda e muta, gridando, e scuotendola fortemente, tanto da ridurla a così mal partito da sembrare morta, e molti dicevano che fosse morta. Per cui, non è contrario all'essenza, del miracolo né il fatto che in colui che è guarito rimanga una debolezza del corpo o di qualche suo membro, un gonfiore o un qualche indurimento; né che ciò avvenga anche per mezzo o con l'aiuto della natura, o con qualche medicina umana. «Perciò, considerate tutte queste e altre cose, con il consiglio degli infrascritti illustri Dottori sia di Sacra Teologia, sia di Diritto Pontificio, affermiamo, pronunciamo e dichiariamo che a Miguel Juan Pellicer, nativo di Calanda, di cui si è trattato in questo processo, fu restituita miracolosamente la gamba destra che in precedenza gli era stata amputata; e che non è stato un fatto operato dalla natura, ma opera mirabile e miracolosa; e che si deve giudicare e tenere per miracolo, concorrendo tutte le condizioni richieste dal Diritto perché si possa parlare di un vero prodigio nel caso qui in esame. Pertanto lo ascriviamo tra i miracoli, e come tale lo approviamo, dichiariamo e autorizziamo e così diciamo.»

petrus, archiepiscopus

 

Don Antonio Xavierre, Priore di Santa Cristina; Dottor Virto de Vera, Arciprete di Saragozza; Dottor Diego Chueca, Canonico Magistrale di Saragozza; Dottor Martin Iribarne, Canonico Lettore di Saragozza; dottorFelipe de Bardaxì, Professore prima­rio di Sacri Canoni; Dottor Juan Perat, Canonico della Santa Chiesa Metropolitana e Vicario Generale e Ufficiale; Dottor Juan Plano del Fraga, Ufficiale; fra' Bartolomé Foyas, Provinciale dell'Ordine di San Francesco; Dottor Domingo Cebriàn, Cattedratico Primario di Teologia.

E questa definitiva sentenza, così emanata e promulgata, fu accettata, lodata e approvata dai sopra citati, lodati e approvati, dottori Felipe Bardaxi, Egidio Fuster e Miguel Ciprés, a istanza e supplica dei quali il suddetto Illustrissimo e Reverendissimo mio Signore, l'Arcivescovo, concesse loro copia e lettere di notifica della suddetta sentenza. Con tutte e ognuna delle anzidette cose fu composto questo documento pubblico, alla presenza di Bartolomé Claudio e di Francesco Aznar, sacerdoti residenti a Saragozza, chiamati e scelti come testimoni di tutto quanto sopra riportato.

Firmato da me, notaio ANTONIO ALBERTO ZAPORTA, domiciliato in Saragozza e, per autorità apostolica, ovunque occorra pubblico ufficiale e del processo soprascritto, al quale fui presente, notaio attuario.