mi-duomo2.jpg (81750 byte)I PRIMORDI

Sull’area occupata dal Duomo e dalla sua piazza, dall’epoca romana fino a quella viscontea erano sorti ed esistevano questi edifici sacri cristiani: la basilica Vetus (III sec.?), citata da S. Ambrogio, alla quale apparteneva la vasca battesimale di S. Stefano alle Fonti; la prima cattedrale milanese, dedicata poi a S. Tecla (terzo quarto decennio del I V sec.), chiamata basilica Nova o Major, il battistero ottagonale di S. Giovanni alle Fonti, a ridosso dell’abside di S. Tecla (circa 378-386); la basilica di S. Maria Maggiore, in corrispondenza dell’attuale navata centrale del Duomo (836).

LA COSTITUZIONE DELLA VENERANDA FABBRICA DEL DUOMO

"Riuniti e convocati i sottoscritti Nobili cittadini della Città di Milano in camera di provvisione del comune predetto, per mandato del signor vicario e dei dodici di provvisione del comune predetto e in loro presenza, per trattare, discutere e stabilire le suddette questioni per il vantaggio e il debito ordinamento della fabbrica della chiesa maggiore di Milano, essendo nuovamente Dio propizio e per intercessione della medesima Vergine gloriosa, in nome della quale già molto tempo innanzi si cominciò ed ora, per divina ispirazione e con la sua degna protezione, si fabbrica e con la mediazione della sua grazia si condurrà felicemente a termine l’impresa." Preambolo del "Regolamento generale di amministrazione della Veneranda Fabbrica", promulgato con decreto di Gian Galeazzo Visconti mercoledi 16 ottobre 1387, Annali della Fabbrica del Duomo, vol. 1, pp. 3 e ss.

LA NASCITA DEL DUOMO

Il Duomo fu iniziato nel 1386 dall’arcivescovo Antonio da Saluzzo, con il consenso del signore di Milano, Gian Galeazzo Visconti, nelle forme del Gotico padano che utilizzava il cotto. Fu attorno alla metà del 1387 che il Visconti, volendo farne il simbolo del proprio potere, impresse al Duomo un nuovo assetto stilistico costruttivo. Allo scopo, il 16 ottobre 1387 il Visconti costituì la Veneranda Fabbrica del Duomo, con il compito di riprogettare il Duomo secondo i modi del maturo Gotico internazionale. La fabbrica vi provvide con i propri ingegneri e architetti, tra i quali i "lombardi" Maestri Campionesi conservando il costruito e la prevista planimetria della zona absidale, ma improntando il Gotico transalpino dell'esperienza costruttiva del Romanico lombardo. Da ultimo, poiché il cotto non consentiva la realizzazione del nuovo modello di Gotico, il Visconti mise a disposizione della Fabbrica la cava di marmo di Candoglia situata nella bassa Valdossola; i blocchi venivano trasportati a Milano, per via d’acqua, fino al laghetto di S. Stefano in Brolo, per essere lavorati nella "Cassina", il cantiere posto a ridosso dell’abside. Il Duomo non è il frutto di un unico progettista, ma di una équipe cui parteciparono i migliori architetti, ingegneri, scultori e capimastri lombardi – come Simone da Orsenigo, Andrea e Filippino degli Organi da Modena, Zeno, Marco e Giacomo da Campione, Giovannino de’ Grassi, Paolino da Montorfano, Bernardo da Venezia – e consulenti stranieri, annualmente convocati dal duca fino al 1400, tra i quali Anichino de Alemania, Ulrico da Fussingen, Enrico III Parler "il Gamodia", Nicola de’ Bonaventis e Giovanni Mignot. La mancanza nel Milanese di numerosa mano d’opera idonea alla lavorazione del marmo e alla costruzione di impegnative strutture murarie lapidee indusse la Fabbrica a farsi importatrice di artefici specializzati dal "mercato comune europeo" delle cattedrali, nel quale le maestranze circolavano liberamente – era richiesta la sola competenza –, spostandosi dall’una all’altra località, sempre, però, in un omogeneo bacino culturale. Queste maestranze convennero a Milano e si unirono alle migliaia di architetti, ingegneri e tecnici, capimastri, muratori e manovali, fabbri e falegnami, scultori (compresi i Campionesi e gli eredi della bottega del pisano Giovanni di Balduccio) e lapicidi nostrani: il cantiere del Duomo si trasformò in un crogiuolo nel quale culture, esperienze e linguaggi diversi ebbero a fondersi nel singolare Gotico della cattedrale milanese. Per questi motivi, straordinariamente ricca di inflessioni fu la produzione scultorea dello scorcio del XIV sec. Ai locali Jacobello delle Masegne, Matteo Roventi, Paolino da Montorfano, Jacopino da Tradate, Giovannino de’ Grassi, Nicolò da Venezia e Maffiolo da Cremona si affiancarono artisti transalpini, tra i quali Hans Fernach, Annex Marchestem e Pietro Monich. A questa vitalità del cantiere presiedevano la capacità gestionale della Fabbrica e l’appassionato interessamento dei Milanesi, che nel Duomo celebravano la loro fede e capacità imprenditoriale.

IL QUATTROCENTOmi-duomo3.jpg (49320 byte)

Già attorno al 1395, sotto la direzione di Filippino degli Organi e su un progetto iniziale di Nicola de’ Bonaventis, si era conclusa l’abside con i suoi tre finestroni e nel 1404 venne ultimata la prima guglia, detta "Carelli" dal nome del generoso benefattore, con la posa della statua raffigurante il duca Gian Galeazzo Visconti. Nel 1407 si affidarono le prime vetrate campione a Michelino Molinari da Besozzo, Paolino da Montorfano, Antonio da Cortona, Stefano da Pandino e Franceschino Zavattari e altri. Attorno al 1415 erano ultimati e completati delle volte a crociera, l’abside, il presbiterio e il coro, i due bracci del transetto, con esclusione delle absidiole terminali, e impostate le prime campate delle navate verso la facciata. Una copertura provvisoria si ergeva, però, al di sopra dei quattro piloni centrali, in attesa della cupola; tanto che il 16 ottobre 1418, quando papa Martino V riconsacrò l’altare – era lo stesso di Santa Maria Maggiore –, questo dovette essere ricomposto nella parte ultimata, al centro del coro. Dopo il rallentamento dei lavori dovuto alle lotte intestine tra i Visconti e all’avvento della Repubblica Ambrosiana, con la conquista del ducato da parte di Francesco Sforza (1450), e poi con l’avvicendarsi di Galeazzo Maria Sforza e di Ludovico il Moro, ripresero con lena le attività del cantiere. Vennero assunti gli architetti Filarete, Giovanni e Guiniforte Solari, gli scultori Giovanni Antonio Amadeo, Gian Giacomo Dolcebuono, i Mantegazza, Benedetto da Briosco e molti altri. Le navate proseguirono alacremente verso la facciata, si posero le premesse statiche della cupola, mentre all’esterno e sui piloni si collocarono centinaia di statue e di ornati scultorei di raffinata modellazione. Anche l’arte vetraria segnò una ripresa vigorosa, impegnando i maestri lombardi Cristoforo de’ Mottis, Niccolò da Varalla, Antonio da Pandino e i frati Gesuati. Dopo che a Leonardo da Vinci, Francesco di Giorgio Martini, Luca Fancelli, Donato Bramante e altri furono richiesti progetti e modelli per la cupola, questa venne affidata nel 1490 all’Amadeo e al Dolcebuono, che la portarono a termine il 24 settembre 1500.

IL CINQUECENTOmi-duomo4.jpg (50367 byte)

Sospesa la costruzione della grande guglia, l’Amadeo innalzò il primo dei quattro gugliotti, quello che prese il suo nome (1507-18). Grande impulso ricevettero la statuaria – eccelsero scultori come il Fusina, Cristoforo Solari il Gobbo, il Bambaja, Cristoforo Lombardo, Marco d'Agrate – e l’arte vetraria, a opera di maestri transalpini come Dirck Crabeth, Giorgio d’Anversa e Corrado Mochis da Colonia, quasi sempre operanti su cartoni dei lombardi Pellegrino Pellegrini, Biagio e Giuseppe Arcimboldi, Carlo Urbini e Giovanni da Monte. Con l’arrivo a Milano (1565) dell’arcivescovo card. Carlo Borromeo, il Duomo entrò nella fase di revisione liturgico pastorale richiesta dalle norme del concilio di Trento. A Pellegrino Pellegrini, nominato architetto della Fabbrica (luglio 1567), furono affidate la progettazione e l’esecuzione del nuovo presbiterio, degli altari laterali e della cripta voluti e ispirati dal Borromeo.

IL SEICENTO

L’azione di riforma iniziata dall’arcivescovo Carlo fu portata a termine dal cugino card. Federico Borromeo; la facciata "alla romana" disegnata dal Pellegrini e ripresa a fine Cinquecento da Francesco M. Ricchini, venne avviata agli inizi del secolo ma sospesa quando erano stati quasi del tutto ultimati i cinque portali e le quattro finestre laterali. Carlo Buzzi (1650) riportò il Gotico in facciata, conservando il già realizzato; ma i lavori vennero ancora sospesi dopo aver completato la zoccolatura con i due ordini di altorilievi e i primi telamoni. Continuò invece la produzione scultorea con accenti sempre più barocchi, per decorare l’esterno, gli altari interni e la cinta del tornacoro; si distinsero soprattutto Marc’Antonio Prestinari, il Lasagna, Giuseppe e Gaspare Vismara, Giovanni Andrea Biffi e Dionigi Bussola.

IL SETTECENTO

Oltre alla ricca produzione di statuaria del tipico Barocchetto milanese (eccelsero, tra gli altri, Giuseppe Perego, il Mellone, il Giudici, il Beretta e Elia Vincenzo Buzzi), il secolo fu dominato da due problemi: la facciata e la guglia maggiore. Que-st’ultima ebbe maggior fortuna: dopo gli studi di Antonio Quadrio e di Giuseppe Merlo, tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce eresse la guglia maggiore; l’aurea Madonnina venne innalzata allo scadere del 1774. Incoronato in Duomo re d’Italia (26 maggio 1805), Napoleone I ordinò il compimento della facciata; essa venne ultimata, a opera di Carlo Amati e Giuseppe Zanoja, nel 1814. Venne ultimato il "coperto" della cattedrale con le sue terrazze e circa 1800 statue di Santi furono innalzate sulle nuove guglie e sui fianchi. A metà del secolo, Ambrogio Nava salvò la guglia maggiore con un intelligente restauro; riprese l’arte della vetrata, ma ridotta a pittura su vetro, a opera di Giovanni Battista Bertini e dei figli Giuseppe e Pompeo. Maturava nel frattempo nell’opinione pubblica, come nella Fabbrica, il proposito di dare al Duomo una facciata coerente con il Gotico dell’edificio. Grazie al lascito di Aristide De Togni, fu bandito un concorso internazionale per una nuova facciata che, in secondo grado (1888) premiò il progetto del giovane milanese Giuseppe Brentano; l’immatura morte di quest’ultimo e l’ormai superato sentimento della cultura romantica, indusse la Fabbrica ad abbandonare l’iniziativa (1904). Con l’unità d’Italia cambiò il contesto ambientale della cattedrale: negli anni 1865-1874 venne aperta la grande piazza.

IMPRESSIONI DI VIAGGIO

"Il duomo, che fu fatto costruire da Gian Galeazzo duca di Milano nel 1386, è dedicato a Nostra Signora. E’ una chiesa di supremo splendore e bellezza, altrettanto se non più bella della cattedrale di Amiens, che io ho tanto decantato. Sembra costruita tutta in marmo; vi sono molte cose notevoli da vedere. (...) Nel corpo della chiesa vi sono quattro file di colonne di marmo bianco, che abbelliscono grandemente la chiesa; ogni fila è composta da sei pilastri. (...) Salii quasi in cima alla torre, dalla quale contemplai la città tutt’intorno, che offriva una bellisssima e piacevolissima vista." Thomas Coryat, 1608 ; ........"Il duomo, la chiesa principale, ha una decorazione sterminata che rende dubbia la conclusione dei lavori"..... Thomas Howard, conte di Arundel, 1646; ....."Arrivata la mattina, consegnammo le lettere di raccomandazione al dotto e cortese Ferrarius, un dottore del Collegio Ambrosiano, il quale ci condusse in tutti i posti notevoli della città. Dei quali il primo fu la famosa cattedrale in cui entrammo per un portico di poco inferiore a quello di Roma. Quando verrà finito sarà difficile dire quale sarà il più bello. (...) Il duomo è tutto di marmo sia dentro che fuori, e perfino coperto da enormi lastre di marmo, infelice in nulla eccetto che nel disegno gotico. Le finestre della chiesa sono bellissimamente dipinte. Gli organi, ce ne sono due, molto belli ed eccellenti. L’intera fabbrica è eretta nel mezzo di una bella piazza e proprio nell’ombelico della città.".....John Evelyn, 1646.mi-duomo7.jpg (47769 byte)

IL NOVECENTO

Il contributo specifico del XX sec. è consistito nelle cinque porte di bronzo, messe in opera tra il 1906 e il 1965. Dal 1946 si operò per riparare i danni di guerra, soprattutto quelli subiti nelle tragiche incursioni aeree dell’agosto 1943 (facciata, abside, guglie e archi rampanti). Dall’inizio degli anni Sessanta, la Veneranda Fabbrica ha intrapreso il metodico restauro statico e conservativo dell’intero Duomo: guglia maggiore, gugliotti, volte, facciata, vetrate e dipinti, e poi guglie, archi rampanti, falconature, strutture verticali dei fianchi e dell’abside con il loro corredo di migliaia di statue, di ornati, di altorilievi. Un’opera, questa della conservazione, che non vedrà mai la fine, destinata a continuare nel tempo con grande impegno di uomini, di professionalità, di tecniche sempre più aggiornate, di mezzi finanziari. Tra gli interventi di particolare rilievo, perché inediti, il restauro statico dei piloni del tiburio e delle altre strutture più importanti (1984) e l’adeguamento liturgico del presbiterio (1986).

UNA LEGGE ESCLUSIVA

"...ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere a che non sia turbato il pacifico, libero e secolare possesso ed esercizio del diritto riconosciuto a favore del Duomo di Milano di rifornirsi in perpetuo gratuitamente dal Monte di Candoglia del marmo occorrente per il Duomo stesso (...), è confermata l’esistenza di servitù a suo favore di scavare liberamente e gratuitamente in perpetuo marmi e selci (...) sui fondi pubblici e privati esistenti su di esso." Questa legge consente alla Fabbrica di espropriare altri terreni, al di fuori della zona sulla quale già esercita attivamente questo diritto, per le operazioni di escavazione e trasporto di marmi e serizzo bastando la "dichiarazione di pubblica utilità da riconoscersi con decreto del Prefetto di Milano." Legge 19 febbraio 1928, n. 514