Al tramonto di quel 6 dagosto, allo scoppiare dun furioso temporale estivo, Bartolomeo Mezzera, costretto ad abbandonare il lavoro in un suo campo nella località Valle di Lezzeno, saccostò a una cappelletta che aveva fatto costruire al margine del bosco e nella quale aveva collocato un modesto medaglione in gesso con impressa limmagine della Regina della Pace venerata nel Santuario di Nobiallo, dallaltra parte del lago. Doveva aver comprato quel dozzinale medaglione i pellegrini dunque trovavano anche allora devoti «ricordi» dei santuari in occasione di una pia visita alla Vergine di Nobiallo; così, ogni volta che passava vicino alla «sua» Madonnina il buon contadino recitava lAve Maria. Ma quel pomeriggio agostano, fuggito sgomento alla tempesta che minacciava di rovina i bei vigneti faticosamente coltivati sui terrazzamenti del monte, forse con nel cuore qualche funesto presagio alimentato dalle memorie, tramandate dai racconti dei vecchi, di unalluvione che molto tempo prima, sera nel 1341, aveva distrutto addirittura la chiesa di Bellano, Bartolomeo Mezzera, levando lo sguardo implorante verso leffigie sacra, trovò una ragione di ancor più grande turbamento. Quella povera Madonnina di gesso, infatti, lacrimava sangue, e il liquido rosso scendeva lungo il viso. «Signor Dio, misericordia, poveretti noi», sarà sentito esclamare il Mezzera mentre si precipitava verso casa per raccontare alla moglie lo straordinario fenomeno visto. La voce corre in un baleno tra le case della frazione Lezzeno, e la gente sale in gran numero sotto la pioggia alla cappelletta a constatare il fatto riferito. Si avverte subito il prevosto di Bellano, Paolo Antonio Rubini, «che era ad esorcizzar il tempo sopra la porta della Prepositurale», come annoterà diligentemente il notaio Polidoro Boldoni. Accorre anche il prevosto, vede a sua volta la lacrimazione di sangue, singinocchia in preghiera, torna lindomani con il notaio per meglio accertare, e su tutto manda relazione allarcivescovo Federico Visconti in Milano. Una commissione arcivescovile prima che finisca lanno è a Bellano, controlla, interroga i testimoni, fa eseguire perizie. Linchiesta sfocia nel riconoscimento del miracolo: ma il popolo del contorno e daltre terre più lontane, specialmente Valtellina e Valchiavenna, non aveva atteso il verdetto ufficiale per ascendere a venerare, a invocare e ottener grazie, a lasciare offerte. Lo stesso Arcivescovo invierà un ingegnere a dar consigli per la costruzione duna chiesa, alla quale sera subito pensato, in ricordo dellevento; il prevosto Rubini benedirà la prima pietra già il 6 agosto 1690, a soli due anni dal prodigio; e quattro anni dopo dallarcivescovo Federico Caccia sarà concessa la celebrazione della Messa, segno che i lavori erano a buon punto.
Nel 1706, il 14 di maggio, il tondo di gesso con limmagine della
Madonna delle lacrime sarà solennemente trasferito nel Santuario, dove tuttora si
conserva entro una nicchia fra angeli dorati sopra laltare maggiore. Dobbiamo alla
diligenza del sacerdote Luigi Vitali di Bellano la pubblicazione, in un volumetto stampato
centanni fa nel secondo giubileo secolare, delle testimonianze sul fatto, raccolte
nel fascicolo del processo canonico proprio allora ritrovato in Curia. Ma le fitte
paginette rivelano soprattutto il desiderio fidente dellautore non solo di
confermare lautenticità del miracolo, quanto di spiegarne le ragioni
(«probabili»). Luigi Vitali premette un sillogismo: «Quando Iddio opera, opera per una
ragione. Il miracolo è opera sua: deve quindi avere avuto una ragione per compierlo».
Poi soggiunge: «La prima ragione, di indole generale, è laffermazione del
soprannaturale; affermazione che attestando in modo improvviso e straordinario la presenza
di Dio, e di Dio che pensa amorevolmente alluomo, risveglia la fede, e torna di
conferma alla verità di tutta la religione». L«ospitazione» dei Lanzichenecchi,
per esempio, raccontata nei suoi truci effetti da Sigismondo Boldoni, che cera stato
in mezzo, in lettere da Bellano ad amici, una in particolare a Scipione Cobelluccio,
cardinale segretario delle lettere latine di Papa Paolo V. Poi la peste, quella narrata
dal Manzoni, della quale morì lo stesso Boldoni (ed era stato proprio «un vecchio et
ignorante barbiero di Bellano» la citazione dal Tadino è nel romanzo a
persuadere gli inviati del Tribunale della sanità «che quella sorte di mali non era
peste»). E ancora i saccheggi delle truppe francesi condotte dal duca di Rohan. Il male
maggiore che in quegli anni incombeva sui paesi del Lario era tuttavia leresia
protestante, esportata dalla Svizzera soprattutto nella vicina Valtellina da Zuinglio.
«Che vieta il supporre lo scrive il Vitali che le lagrime di sangue sparse
dalla B.V.M. di Lezzeno fossero il segno di dolore per questo male sempre minacciante,
fossero una preghiera a Dio perché leresia, fiaccata nelle sue audacie, fosse
definitivamente respinta al di là delle Alpi?». Nel Settecento Anton Gioseffo della
Torre di Rezzonico nel suo Lario così affermava «Quod certum est, beneficia
qua supplicibus impetrat Deipara, sanguinei planctus historiam videntur comprobare», una
cosa è certa: che le grazie, impetrate dalla Madre di Dio ai suoi devoti, sembrano
comprovare la storia del pianto di sangue.
In verità la protezione mediatrice della Vergine che pianse non ha mai cessato di manifestarsi in questi tre secoli: lArcivescovo di Milano card. Carlo M. Martini, salito il 10 luglio 1988 sulle orme di tanti venerati suoi predecessori al Santuario di Lezzeno per partecipare alle celebrazioni tricentenarie e inaugurare nuove opere dabbellimento eseguite per generosità dei fedeli dagli Oblati di SantAmbrogio cui lo stesso Santuario è affidato, non ha mancato di portare la riflessione sul significato più vero di quel lembo di terra santa dove Maria ha fatto sentire la voce di Dio. È un luogo questo, ha detto, dove si è chiamati a meditare in silenzio il mistero di Dio che si commuove sulle sofferenze e le pene degli uomini e, amando il suo popolo, manda Maria sua Madre che piange per i peccati dellumanità impetrando grazie. Chiediamo perciò alla Madonna che guidi i nostri passi, ha soggiunto lArcivescovo, ricordando, con le parole di Zaccaria lette poco prima nella Messa, che nella nostra vita cè Dio che cammina con noi, insieme a Maria.
Il 6 dagosto, trecencesimo anniversario del miracolo, a Lezzeno ha
desiderato essere presente in spirito pur il Santo Padre Giovanni Paolo secondo per la
celebrazione cui davano lustro il cardinale Giovanni Colombo e il
vescovo dAlessandria mons. Ferdinando Maggioni. In un messaggio affidato allo
stesso Cardinale, che accompagnava il dono di un grande cero, il Papa comunicava: «Sulla
scia degli insigni Pastori della veneranda Chiesa milanese penso, ad esempio, al
Beato Andrea Ferrari e al Servo di Dio Ildefonso Schuster anchio voglio
associarmi al solenne atto di culto e di omaggio alla Santissima Madre di Dio, affinché
ci guidi nella pace verso il Regno del Figlio». Scriveva inoltre il Pontefice: «La
misteriosa "lacrimazione" della venerata immagine, della quale tante persone
furono testimoni oculari, ancor oggi, dopo tanti anni, ci stupisce, ci commuove ed appare
profondamente significativa: essa vale a ricordarci che Maria, sebbene si trovi nella
gloria celeste e quindi sia immune da ogni sofferenza, partecipa intimamente al travaglio
del Corpo mistico di Cristo in cammino verso il cielo ed è profondamente toccata dalle
offese che si arrecano al Signore». «Per chi sa interpretarle e capirle
aggiungeva il messaggio papale , le lacrime di Maria sono più eloquenti di
qualsiasi esortazione morale alla virtù. Lasciamoci convertire, lasciamoci purificare da
queste lacrime, affinché limmagine di Dio che è in noisia sempre tersa e pura» .
Nella stessa ricorrenza
trisecolare è stato cantato un inno alla Madonna di Lezzeno musicato dal cuore di
Vittorio De Col, ed è stata recitata una preghiera del cardinale Giovanni Colombo alla
Vergine «tenera e vigile ausiliatrice dei cristiani»: «O gran Madre di Dio, noi
oggi Ti riconosciamo e Ti acclamiamo vera Madre della Chiesa, perché nelle sciagure dei
figli adottivi trepidasti, mesta, come ai piedi della croce del Tuo Figlio Gesù».
Ricordiamo alcuni momenti della visita alla Vergine che versò lacrime, compiuta il 10 di luglio 1988 dal cardinale Carlo M. Martini, la solenne celebrazione allaltare, lincontro con gli infermi che assistevano al rito sacrificale, il saluto della gente. Il cardinale Schuster aveva insegnato che «la devozione alla Madonna è uno dei segni della vera santità e una delle condizioni per raggiungere la cima di essa»; lArcivescovo che continua lopera di Ambrogio, di Carlo, di Federico, di Andrea, di Alfredo Ildefonso, ha spiegato, proprio qui dove Maria si è rivelata, che la Vergine Santissima ci fa sentire la voce di Dio e che nel cammino verso Dio da Lei ci dobbiamo far accompagnare.