OTTO SECOLI DI RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE di FRANCESCO V. LOMBARDI
Questa chiesa è comunemente chiamata Santuario di S. Maria delle Grazie di
Pennabilli; che dal clero è ufficialmente denominata S. Agostino: ma il suo vero antico
titolo di chiesa parrocchiale è S. Cristoforo, al quale fu originariamente dedicata. Ecco
perché per scoprire la più remota presenza e la sua evoluzione ecclesiastica e anche
architettonica, la più moderna ricostruzione e i susseguenti restauri delledificio,
bisogna sempre far riferimento a questo eponimo a questo patrono, cioè S. Cristoforo.
Daltra parte tutti questi eventi materiali sono per lo più collegati al Sacrario
che la chiesa stessa contiene: il Santuario della Madonna delle Grazie. Negli ultimi
quattro secoli il sacello ha avuto tutta una serie di dissertazioni storico-teologiche,
mistiche e devozionali. Basterà ricordare quelle inedite del Mastini (1522) o del
Conticelli (1658) o dello Zucchi Travagli (1750); oppure pubblicate in opere specifiche
come quelle del Magnani (1602), del Vanzi (1667), del Mattei Gentili (1865), del Besi
(1900) e del Tani (1925); o inserite in opere più generali, come quelle
dellOlivieri (1644), del Guerrieri (1668), del Calvi (1749), del Contarini (1753),
del Dominici (1966). Tutti questi autori, però, hanno in gran parte trascurato il
contenitore della venerata cappella, cioè la chiesa in cui essa è inserita e conservata,
e le sue vicende storico-architettoniche nel corso di almeno otto secoli: di qui la
motivazione di questa ricerca, e nello stesso tempo i suoi limiti di angolazione. Peraltro
largomento espresso nel titolo non vuole essere limitato ad una descrizione
puramente tecnica delle fasi costruttive e ricostruttive: a tal fine sarebbe stato ben
più qualificato lintervento di specialisti della scienza delle costruzioni.
Lintendimento
dello storico è invece quello di cercare di intuire e far trasparire dagli scarsi
elementi conosciuti, il processo diacronico di una comunità, come modello, riflesso nello
specchio di una delle sue maggiori espressioni culturali, oltre che spirituali: cioè
ledificio che ha materializzato più di ogni altro, più della stessa Casa del
Comune (già esistente a Pennabilli nel XIV sec. ) lo spirito di una piccola società
civile. La vita medioevale era essenzialmente vita religiosa e la chiesa parrocchiale
di S. Cristoforo era il polo di convergenza di tutto questo microcosmo del castello
della Penna. Infatti il castello dei Billi, posto quasi di fronte ad un tiro darco,
aveva la propria chiesa parrocchiale di S. Nicolò, con propria autonomia religiosa, oltre
che civile. Nelle chiese parrocchiali erano settimanalmente riunite le popolazioni locali;
le famiglie vi celebravano i loro battesimi, i loro matrimoni, vi seppellivano i loro
morti di vecchiaia, di peste, di fame, di disgrazia e di violenza. Qui, per religiosità
sentita mista a superstizione ancestrale, si facevano voti e offerte devozionali, si
confessavano i peccati confessabili e inconfessabili. Dentro le chiese parrocchiali si
tenevano le riunioni dei consigli comunitari; fuori delle chiese, sul sagrato o nella
piazza si tenevano feste, fiere e mercati. La chiesa quindi rappresentava un simbolo
fisico e metafisico, giuridico e sociale. Ecco quindi limportanza religiosa, ma
anche economica e culturale di questo luogo cultuale, ubicato dentro le mura del castello,
sotto i baluardi della scomparsa rocca antica. Ecco perché la chiesa parrocchiale, come
istituzione giuridico-canonica nasce contestualmente al castello. Ora è difficile
documentare quando è stato fondato il castello di Penna. Può darsi benissimo che questo
luogo sia stato abitato da tempi remoti, ma la chiesa di S. Cristoforo sorse con la
fondazione del castello in epoca medioevale, anche se prima poteva esistere come luogo di
culto di quella comunità che decise di stanziarsi su questo ciclopico spalto calcareo, da
dove si domina gran parte della valle del Marecchia, e che è ben visibile come punto
inconfondibile, come segnacolo direzionale, dalla direttrice valliva che si snodava lungo
il fiume. Sotto questo aspetto non è casuale la dedicazione al Santo che, più di ogni
altro, fu il patrono e il protettore di viandanti, pellegrini, mercanti, spiriti
errabondi. È quindi da sfatare la tradizione secondo la quale la chiesa di S. Cristoforo
sarebbe stata fondata da un semplice privato, cioè da un Antonio Palmerini verso
lanno Mille. Quindi la ricerca su un edificio di culto come quello di S. Cristoforo
della Penna, si inquadra nel contesto di un meccanismo storico che coinvolge la storia
religiosa, politica, sociale ed economica della comunità di Penna e Billi per un arco di
almeno otto secoli: è un discorso che ovviamente - non si può fare nel breve
spazio di poche pagine. Di conseguenza, tutto quello che si dirà presuppone un retroscena
storico che incornicia la nascita del castello di Penna e di
quello
contiguo dei Billi, la vicenda storica della unione (non sempre stabile) delle due
comunità (circa 1359-60), lespansione da comunità di castello a comune di
territorio con lannessione di Maciano (1361), lunione urbanistica dei due
nuclei castellani e la nascita della Piazza del «Mercatale»,
l'ampliamento urbanistico e lallargamento delle mura, l'aprirsi di nuove porte come
Porta Carboni e lo scomparire di altre porte come porta Matelda, lespansione del
Borgo a sud (Plano de Penna), fino allinnestarsi delle case sulle residue mura
malatestiane, sulle più recenti mura feltresche (1463) o sulle finali mura roveresche. In
questottica si può comprendere come anche la antica chiesa parrocchiale del
castello di Penna subisca cambiamenti, muti orientamento, cambi gestione ecclesiastica,
assuma addirittura una nuova funzione e una nuova denominazione nella comune accezione
popolare, pur rimanendo la parrocchia principale del castello e del circondario, anche
quando si troverà in concorrenza con la antica chiesa fuori del castello, «extra
castrum», dedicata a S. Bartolomeo, prospiciente la nuova piazza del Mercatale: la
quale cappella assumerà la funzione di collegiata, ma mai di parrocchia. La chiesa di S.
Cristoforo della Penna era sicuramente esistente alla fine del 1100. Cè infatti un
poco conosciuto atto del mese di giugno dellanno 1200, con il quale Giovanni di
Giovanni di Malatesta di Strada fa una transazione con la Pieve di S. Pietro in Messa:
questo contratto riporta in lingua volgare: «Meta a Sancto Ristofano a la Pinna».Ciò
significa che la chiesa di S. Cristoforo esisteva già prima, come molte altre chiese del
Montefeltro che ci sono rimaste pressoché intatte e che sono datate: il duomo di S. Leo
anno 1173; la pieve di Carpegna anno 1182; la cappella di S. Marina di Novafeltria anno
1191; o come altre non datate, ma della stessa epoca: S. Pietro in Messa; S. Maria dei
Billi. Cioè tutti edifici di epoca romanica. Anche la costruzione di S. Cristoforo era
disposta sullo schema tipico delle chiese romaniche, cioè impostate sullasse
ovest-est, con labside rivolta ad oriente, secondo una regola costante della
architettura romanica. Ecco invece che la attuale costruzione (del 1522) è girata di 70
gradi rispetto a quella antica, perché ha una direzione nord-ovest/sud-est di 160º. Ma
ci sono altre testimonianze che ci indirizzano verso questa direzione. In primo luogo
resta la via attuale - che è rimasta inalterata e che è orientata perfettamente a est, e
che veniva a sbucare nella piazza, ove si arcuava la primitiva abside semicircolare. Ma
ben più importante è la riscoperta delloriginaria base dellaltare romanico,
ora situata proprio davanti allaltare della Madonna. Come in ogni edificio romanico
questo altare era sopraelevato di circa due metri rispetto al piano della chiesa e sotto
laltare si apriva la cripta, come nella vicina pieve del Messa. Limpasto di
malta durissima su cui è impostata la base dellaltare non è altro che la calotta
della cripta romanica originaria. Nel 1200 dietro a questo altare non cera ancora il
muro su cui vennero poi affrescate le scene della Vergine, ma cera un coro concavo e
all'esterno un abside che si protendeva a semicerchio ove cè ora la piazzetta: tale
piazza era molto più larga (non cerano le case del 1580) e molto più bassa, tanto
che la chiesa appariva sopraelevata rispetto ad essa. La base dellaltare è rimasta
fissa al suo posto, il pavimento della chiesa è stato via via rialzato e così pure la
piazza esterna. Secondo lopinione di chi scrive loriginaria abside
semicircolare, verso i primi decenni del Trecento (forse dopo il terremoto del 1308) fu
atterrata e al suo posto fu alzato un muro retto. Questo allesterno fu affrescato in
tempi successivi in più strati sovrapposti, lultimo dei quali dovrebbe essere della
seconda metà del secolo stesso. Ma se la parete era affrescata allesterno, a
maggior ragione doveva esserlo allinterno, dove cera laltar maggiore e
dove oggi cè laffresco della Madonna delle Grazie. Quando questo fu eseguito
(ca. 1432), con ogni probabilità il pittore si trovò di fronte un altare inamovibile
perché impostato su una cripta, e uno spazio murale già esistente ed immodificabile
anche in altezza, cioè angusto per le due scene che in ordine verticale aveva avuto il
compito di realizzare. Ecco perché a nostro avviso - la fascia inferiore
dellaffresco della Madonna risulta in parte nascosto alla visuale dei fedeli della
navata ad opera della mensa e del supporto dellaltare stesso. Questo inconveniente
in parte venne ad essere superato allorché quasi contemporaneamente tutta la navata fu
alzata al piano dellaltare. Come si è detto, già dalla prima metà del 1300
ledificio fu ristrutturato e verso la fine del Trecento o nei primi decenni del 1400
fu rifatto. Labside semicircolare fu tagliata e al suo posto fu alzato un muro
terminale ad angolo retto rispetto al perdurante asse della chiesa. Allesterno si
allargò la piazza. Questa, già in un documento del 14 sett. 1374 risulta Platea ante
dornum Communis». Ora un altro atto dell8 maggio 1384 risulta fatto «ante
Portam Ecclesiae iusta Viam» e non presso la Piazza. Un altro ancora del 22 maggio
successivo è rogato invece «in platea publica ante Portam Ecclesiae». La
spiegazione che si ricava è che lingresso della antica chiesa esistente a tale
epoca era sulla parete laterale destra, perché la facciata era a contatto delle mura del
Comune, mentre dallaltra parte cera il cimitero. Cioè lingresso era
proprio sotto luscita della attuale Porta Malatesta, dove poi fu fatto
lingresso del convento che ancor oggi si vede, sotto la loggetta. Ora questo
ingresso della chiesa aveva un portico che si estendeva per tutto il lato verso la piazza,
cioè sotto la attuale porta e piazzetta. Si comprende così come sul muro esterno,
proprio dietro limmagine della Vergine, il paramento di allora fosse pieno di
affreschi votivi: ce ne rimane uno che è ancora nascosto dietro il frammento murario dellaffresco
della Vergine: raffigura S. Antonio Abate ma si vede chiaramente che sotto questa
ridipintura ve nè una}tra anteriore: forse staccandoIa si potrebbe
evidenziare l'immagine affrescata di S. Cristoforo.
Lantica parrocchia del castello
della Penna cambiò gestione alla fine del 300. Il 13 agosto 1374 a Talamello, Frate
Matteo da Poggiolo Priore degli Agostiniani di Romagna, ottenne da Claro Peruzzi vescovo
di Montefeltro, di spostare i suoi frati dal convento di Miratoio diroccato dai terremoti
e infestato dai malviventi, nella chiesa di S. Cristoforo «cum cimiterio et ortis
positis post domos». In realtà la concessione del vescovo era nulla, come lo era
stato nel caso dello spostamento dei francescani dal convento della Faggiola a quello di
Macerata Feltria, dieci anni prima (1364). E infatti il convento di Miratoio continuò a
sussistere: era più facile creare una nuova comunità cenobitica - con lespressa
autorizzazione del papato avignonese - che spostarne una esistente. E fu così anche per i
frati agostiniani di Pennabilli che si costituirono come nuovo convento, cioè come nuovo «locus».
Ora su undici testamenti dei mesi seguenti (sett.-nov. 1374) tutti i disponenti
vogliono essere sepolti «apud ecclesiam» o «apud locum» Sancti Christofori
seu Eremitani Sancti Augustini de Penna». Stesso fenomeno dieci anni dopo, nel
1383-84: su otto testamenti rimasti, tutti i disponenti continuano a voler essere sepolti
nel cimitero e non in chiesa. Questo sta a significare che ancora la chiesa non era stata
ristrutturata e che ancora non cerano le sepolture sotto tutto quanto il pavimento
antico. Per contro, dal 1374 in poi, tutti i testamenti che ci sono rimasti, presentano
lasciti «pro fabrica», «pro cuncio», «pro concimine», «pro loco sancti
Christofori seu sancti Augustini». Il 24 settembre 1374 Martino di Michele lascia 8
soldi «pro uno magistro causa atande eclesie». Il 24 seguente Antonio di
Santuccio lascia per la fabbrica della chiesa quanto prenderanno due maestri al giorno per
il loro lavoro. Il giorno prima un certo Signorolo aveva lasciato il necessario per la
paga di un maestro muratore. Non si tratta cioè dei soliti lasciti per la previsione del
restauro o della ricostruzione degli edifici sacri, comera cosa usuale. Da parte dei
frati di recente arrivati - cera invece la necessità di provvedere in tempi
relativamente brevi allammodernamento del complesso parrocchiale secondo le
occorrenze logistiche del nuovo complesso cenobitico. E invece di fondamentale importanza
il testamento di Nardo fu Ugolino Palmerini del 27 settembre 1383: Egli infatti lascia al
convento di S. Cristoforo ossia di S. Agostino cento lire di moneta ravennate «causa
edificandi ibidem in dicto monasterio unam Capellam cum uno altare super quod cellebretur
missam ad reverentiam omnipotenti Dei et gloriose Virginis Marie et omnium sanctorum et
sanctarum...» e poi alla «Capelle seu Ecclesie sancte Marie applicate cum loco Sancti
Augustini de Penna pro cuncio ipsius XLV sol. ravennatensium». Quindi una cappella
dedicata alla Vergine esisteva già ed una doveva essere costruita con dedica cumulativa.
Si spiega così come il culto della Madonna - promosso dai frati agostiniani possa
avere avuto contributi di privati, come la Famiglia Palmerini, la quale poi, nei secoli
successivi, rivendicò addirittura la fondazione della chiesa di S. Cristoforo,
arretrandola allanno Mille. Si spiega così anche la notizia tramandata dalla
pergamena del 1432, sui vari spostamenti dell'altare della Madonna ad opera di privati,
nei quasi cinquantanni precedenti. Il fatto che il portico esterno fosse ancora
esistente nel 1413, sempre davanti alla piazza ed a lato della «casa del Comune»,
conferma in fondo che loperazione avvenne dopo tale data. Tutto quindi viene a
confermare il documento del 1432: fra queste due date (1413-1432) fu rifatto o consolidato
il muro dellabside, tagliato ad angolo retto rispetto alla navata; allinterno
fu fatto fare laffresco della Vergine: ma la base dellaltare antico restò
fissa ed ecco perché il suo orientamento restò spostato di 9 gradi rispetto al nuovo
muro absidale, a testimonianza di un più antico e perfetto orientamento della precedente
chiesa romanica. Si è anche detto che lantico altare doveva essere rialzato
rispetto al piano della navata; ebbene in questo periodo ed in questa fase tutto il
pavimento fu alzato di circa un metro e mezzo, per portarlo allaltezza della base
dellaltare. Lo spazio dellintercapedine sottostante fu utilizzato con una
serie di cunicoli per le sepolture che ancor oggi si possono verificare per tutta
l'estensione trasversale della chiesa, dallaltare della Madonna fino all'androne
di accesso del trecentesco convento agostiniano. Questi cunicoli andrebbero
archeologicamente riaperti e scientificamente studiati. In ogni modo è possibile
ricostruire la dimensione della chiesa trasversale, partendo come centro proprio
dallaltare della Madonna. La larghezza è stata verificata in circa dieci metri e la
lunghezza in venti metri, corrispondenti alle antiche misure proporzionali
delledificio romanico. Tutta una serie di verifiche strutturali conferma questa
deduzione documentaria. Recentemente fu scoperta intorno alla base dellaltare
romanico, che è incardinato sulla malta della cripta primitiva, una stratificazione di
vari pavimenti. Il più basso di essi, cioè il più antico che si vede, è dei primi
decenni del 1400 ed è costituito da quadrelle in cotto del formato di cm. 19x19. I
cunicoli tombali sono proprio sotto questa pavimentazione e quindi sono contemporanei ad
essa. Sopra tale strato cè un più tardo pavimento di mattoni oblunghi del formato
di cm. 29,5x14, di una sovrapposizione pavimentale attribuibile alla seconda metà del
400. Su questi mattoni poggia il sacello della Madonna delle Grazie che è del 1528.
Sopra questo livello si trova invece tutto il pavimento cinquecentesco in squadroni in
cotto del formato di cm. 30x30, del quale abbiamo scoperto latto di commissione del
1534. Quindi, il primo cambiamento strutturale fu determinato dalla introduzione del culto
mariano, così caro agli agostiniani, al posto di quello di S. Cristoforo. Questa fase si
concluse nel 1432, allorché come ci conferma pergamena originale ancora conservata
Giovanni Seclani vescovo di Montefeltro (lo stesso che aveva fatto affrescare la cella di
Talamello), davanti allaltar maggiore riconsacrò la mensa sacra, dedicandolo in
perpetuo alla Vergine: e qui, per giustificare la variazione del culto da S. Cristoforo a
«Sancta Maria Novissima de Gratiis» si dovette forse escogitare un falso storico.
Casualmente Frate Tommaso da Rimini, già priore del convento aveva sollevato la piccola
pietra consacrata dellaltare e in essa (secondo la memoria) si trovò scritto che
nel 1222 Papa Onorio III (1216-1227) provenendo da Roma e fermatosi a Pennabilli, dedicò
questo altare «ad honorem Virginis Marie quod altare nuncupatum fuit Sancta Maria
Novissima de Gratiis». In realtà, papa Onorio II, eletto già vecchio, non si mosse
mai dai dintorni di Roma, ma ebbe contatti epistolari con Rolando vescovo di Montefeltro.
Di qui il rinvio storico . Ma la chiesa dal 1432 in poi aveva ormai assunto la sua più
connaturale veste di santuario mariano, più che di parrocchia, richiamando folle di
fedeli per le festività, con offerte votive, lasciti testamentari, ultime volontà di
sepoltura allinterno del nuovo luogo di culto, negli avelli pavimentali ormai
segmentati per tutta lintercapedine della sopraelevazione del livello della navata.
Tutto ciò risulta dagli atti notarili che ci sono rimasti dalla fine del 400 a
oltre la metà del 600. Si rinnovò quindi la necessità di programmare un ulteriore
allargamento della chiesa.Nel suo testamento del 9 febbr. 1502 Antonia fu Paolo Magalotti
lascia i soliti 5 soldi per la fabbrica della chiesa. E questo era normale, come
accantonamento per eventi imprevedibili. Senonchè aggiunge altri 40 soldi in caso di
necessità di fabbrica e questo è sintomo che già cera lesigenza o per lo
meno lintenzione da parte dei frati di procedere ad una ristrutturazione radicale.
Così un altro atto testamentario di Marino della Petrella del 5 agosto 1502 rivela
lasciti analoghi. Una ulteriore pergamena conservata a Palazzo Carpegna del 22 maggio
1509, conferma che Giovanni di Gaspare della Penna lasciò dieci lire per «proseguire
la fabbrica della chiesa di S. Cristoforo» già programmata- La raccolta dei fondi
dovette durare per vari decenni finchè il 19 gennaio 1521 si fece il contratto: «Mastro
Francesco figlio di mastro Cesare di Carpi, muratore, abitante a Rimini, su
instanza e richiesta del venerabile Padre Fra Nicola fu Pietro da Penna dei Billi,
dellOrdine degli Eremitani di S. Agostino, stipulante per sé e per conto degli
Uomini del castello di Penna dei Billi della diocesi di Montefeltro, per sé e per i suoi
eredi fu contento e confesso di aver ricevuto dallo stesso fra Nicola 5 ducati sul
conto di 20 fiorini per ciascun ducato, come parte del salario e della retribuzione
promessi dai detti Uomini per la fabbrica della chiesa di S. Cristoforo da
edificare ad opera del citato Mastro Francesco nel detto castello di Penna
dei Billi, giusta la promessa fatta dallo stesso Mastro Francesco in una privata scrittura
redatta nellanno 1520 il giorno 8 del mese di dicembre... alle condizioni che il
detto Mastro Francesco sia tenuto e debba cominciare a lavorare alla suddetta fabbrica
allinizio del mese di maggio successivo e portare a termine lopera nel giro
dei 5 anni seguenti». Chi era questo mastro Francesco, molto noto a Rimini? Ancor
oggi il suo soprannome viene ogni giorno infinite volte pronunciato, senza che molti lo
sappiano. Ricorderò, per esempio, alcuni passi di altri atti: uno del 1538: «Providus
Vir Franciscus Magistri Cesaris de Carpo murator et abitator crimini, alias dicto Gambalunga...»;
il suo testamento del 2 aprile 1551: «Franciscus alias nuncupatus Gambalunga quondam
magistri Cesaris de Carpo» volle essere sepolto (caso veramente significativo) presso
la chiesa di S. Maria delle Grazie fuori delle porte di Rimini. Il Gambalunga ebbe dunque
una particolare devozione per la Madonna delle Grazie. Lopera del Gambalunga portò
la chiesa nella sua struttura attuale. Egli ne girò lasse di 70 gradi;
lallungò sul retro nellarea del cimitero e dellorto; ne ampliò la
parete sinistra cornu evangelii, lasciando il troncone di muro ove era laffresco
allinterno della parete; innestò il nuovo coro, cioè il cosiddetto cappellone,
nellarea delle case che erano dei Mastini. Il contratto dei 5 anni dovette essere
portato a termine solo per quanto riguarda il grezzo del fabbricato: infatti il sacello
monumentale della Madonna porta la data del 1528 e già nel 1531 il Gambalunga aveva in
appalto la costruzione del tratto di mura di Rimini fra Porta S. Andrea e la Rocca.
Comunque i lavori interni dovettero andare avanti per anni. Infatti con testamento del 21
maggio 1535 Paolo di Francesco Sensi dei Billi lasciò alla chiesa di S. Cristoforo
venti bolognini «pro constructione et fabrica Capelle Maioris in dieta ecclesia iam
construende». Così lanno dopo 1536, 11 genn. Marino di Giovanni Simoni lascia
pure 10 grossi «pro fabrica maioris capelle in diete ecclesie construende».Oltre
alla Cappella-Sacello delle Grazie, in S. Cristoforo vi erano altre cappelle, come quella
di S. Rocco, che nel 1530 doveva ancora essere costruita, e che era il patronato del
comune di Pennabilli. Cera la cappella del Corpo di Cristo; la cappella-sacello di
S. Monica (madre di S. Agostino), già esistente nel 1543 e nel 1565. Nella visita del
Famagostano del 1574 risultano esistenti tre cappelle legate alla confraternita, alla
famiglia Magi e alla famiglia Franchini. Ma dalle tombe poste sotto il pavimento della
chiesa usciva un tale fetore che per sei mesi fu vietata ogni sepoltura. Il pavimento
nuovo risaliva al 1534. In un atto del 29 dicembre 1533, in pieno inverno, nella
sala del convento «ubi ad presens ignis agitur» Marco di Filippo, gestore di una
fornace sul Marecchia, promise a Frate Cesario, priore del convento, di consegnare e
murare dieci mila quadrelle di terra cotta «ad explanandum aliter da piancire
ecclesiam sancti Christofori».. Attorno allaltare e nel coro ci sono ancora
queste quadrelle che il contratto prevedeva in opera entro il febbraio 1534. La
costruzione del campanile andò un po più per le lunghe. Il priore del convento si
rivolse alla Compagnia della Madonna delle Grazie per avere un contributo nel 1584. E poi
si rivolse al Comune di Pennabilli. Le delibere del 15 luglio, 12 agosto 1584 e 3 marzo
1585 portarono da 70 a 100 lire il contributo della comunità, per quel campanile che si
vede svettare sulla chiesa nel quadro della «Madonna delle Grazie». La sua impostazione
appena a destra del Cappellone centrale rivela ancora una volta il cambio di orientamento
della chiesa e lutilizzo di una precedente torre che stava a guardia della porta «Malatesta».
Per lopera di costruzione della chiesa, oltre che per lintensa attività
edilizia di quegli anni, dovettero essere chiamati muratori e scalpellini dal Nord Italia.
È documentata la presenza in loco di un Mastro Giorgio Longobardo, morto nel 1527; di un
Antonio di Maestro Cristoforo fornaciaro, il quale nel 1528 vendeva terre
allAntiata, di dove traeva la legna per la sua fornace; nel 1531 è presente mastro
Francesco di mastro Bernardo de Valle Luchani. I tre figli di Mastro Marco Lombardi, pure
della Valle di Lugano, sono ormai stabilmente residenti alla Penna fra il 1537 e il
1543. Fra questi nomi, forse va trovato lignoto scalpellino, o uno dei suoi
aiutanti, che cesellò e innalzò questo magnifico monumento in pietra che incornicia
laffresco della Madonna delle Grazie. Riassumendo si può dire che la chiesa di S.
Cristoforo è nata con lo stanziamento di una comunità cristiana su questo luogo
strategico; continuò ad esistere come cappella parrocchiale, come chiesa «intra
muros», fin dalla fondazione ufficiale del castello della Penna per tutto il
Medioevo. Ledificio era volto a oriente già in epoca romanica. Questa parte
terminale fu tagliata già prima forse dell'arrivo dei frati agostiniani nel 1374.
Certamente fu da essi ristrutturata allorché le vecchie case parrocchiali vennero
adattate a convento. In concorrenza con la chiesa di S. Bartolomeo fuori delle mura e
prospiciente il fiorente centro del Mercatale, la chiesa del castello venne ad assumere
una funzione di santuario mariano, con la dedicazione dellaltar maggiore alla
Vergine nel 1432. Il grande concorso di fedeli, ingigantito a seguito dei miracoli più
famosi del 1489 e 151
7, impose un ampliamento dellantica costruzione, per portarla
allo stato attuale, con rotazione dellasse di 70 gradi, con lallungamento sul
retro verso il cimitero, e linnesto del cappellone entro le case dei Mastini ad
opera dellarchitetto Gambalunga di Rimini