Madre di Dio, la più potente di tutti i santi

Nella seconda metà del sec. XV, ogni cristiano nelle omelie, nelle novene, nei corsi di predicazione veniva invitato a considerare la Madre di Dio come “la più potente di tutti i santi", la sua propria "Sovrana", la sua "Signora", la "Domina mea.", la "Protettrice" e la "Mediatrice". Così chiese, case e crocevia si popolarono di statue e statuette in legno dipinto o scolpite su pietra. I fedeli, non solo nelle chiese, ma anche nelle riunioni corporative e familiari, usavano cantare inni in latino o tradotti nella lingua nazionale, come l'Ave Maris Stella, lo Stabat Mater; la Salve Regina. Il Rosario veniva recitato ogni sera nelle famiglie e nelle chiese durante i mesi di maggio e di ottobre.

Le feste mariane

Le feste mariane prendevano diverse tonalità: dolce tenerezza presso i Cistercensi, stupendo splendore presso i Premostratensi e contemplativa austerità presso i Benedettini. I monaci illuminavano le intelligenze sui misteri della Redenzione e le volgevano verso Maria la Tutta Santa. A Lyse, monastero cistercense fondato nel 1146, fiorirono i primi poemi con lodi in onore di Maria. Einar Skulesson nel poema Geisli (Il Raggio di Sole) invoca Maria come la brillante Stella del Mare, che s’innalza luminosa e serena sui flutti oscuri e tempestosi della vita. Numerose poesie di autori anonimi inneggiano a Maria, la ornano di vesti preziose e di diadema sul capo, l’acclamano Madre della Misericordia e della Compassione e la immaginano anche nel purgatorio in atto di liberare le anime sofferenti. 

Papa Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio ecumenico nei Paesi scandinavi dal 1° al 10 giugno 1989, s'incontrò a Oslo con i luterani e auspicò il ritorno alla fede delle origini cristiane, invocando Nostra Signora del Nord. 

 

 

 

 

 

La Ballata di Olaf e Karin

Un canto popolare pieno di fascino e impareggiabile nella sua interpretazione dell’amore cristiano è la Ballata di Olaf e di Karin. Questo testo, uno dei più antichi della letteratura norvegese, composto fra i secoli XI e XII da un autore anonimo, narra la storia di un classico dramma di corte: la regina madre accusa falsamente di adulterio la nuora Karin, e il re Olaf, credendo a quella calunnia, fa mettere a morte la moglie Karin.  Karin, giunta in paradiso alla presenza di Maria, intercede con commovente umiltà per il marito e la suocera.

 

Karin arriva alle porte del Cielo.  La Vergine Maria la fa entrare. La Vergine Maria le porge un sedile:

 

 «Siediti, piccola Karin, fa' riposare i tuoi piedi».

«Non c'è bisogno di collocare questo sedile per me davanti a voi, 

io non sono così grande da non poter rimanere in piedi.

Non sono stanca e posso bene rimanere in piedi. 

Ma fa' che Olaf possa entrare in Cielo»

«Siediti, piccola Karin, fa' riposare i tuoi piedi.  Olaf verrà in Cielo».

«Stanca non sono, posso ben restare in piedi.

Ma fa' che la madre di Olaf possa andare in cielo!».

Allora la Vergine Maria le risponde così:

«Non mi fare pressione così fortemente: la madre di Olaf non può essere accolta in cielo».