La Lettonia,
nazione baltica dal territorio corrispondente ad una parte dell'antica Livonia,
fu cristianizzata nel corso del 1200.
Gli
evangelizzatori
La prima
testimonianza
storica è data dalla lettera del papa Clemente III del 1° ottobre 1188
all'arcivescovo di Brema-Hamburg, Hartwich II, nella quale venivano descritte
ed esaltate la figura e l'opera evangelizzatrice del primo vescovo Meinardo.
Canonico regolare di Segeburg (nello Holstein), Meinardo "fu uomo di vita
venerabile e di veneranda canizie", dice il cronista Enrico il lettone
(de Lettis), e si mise al seguito dei mercanti tedeschi che si recavano in
quella regione per i loro commerci, "audacemente, per Cristo e soltanto a
causa della predicazione". Sorti alcuni contrasti tra neocristiani e
religiosi quanto all'uso di determinati cibi e bevande, lo stesso pontefice
intervenne di nuovo con una lettera del 10 aprile 1190 per raccomandare ai
predicatori di rendersi più simpatici ai fedeli, conformandosi ad essi in cose
non essenziali alla fede a norma di quel precetto evangelico che invita a
prendere quello che viene offerto. Poco più tardi
Innocenzo III (1201), per evitare che disparità inutili tra predicatori di un
unico vangelo causassero confusioni, propose di unificare in Livonia le
regole e gli abiti dei monaci (i cistercensi, bianchi; i benedettini, neri) e
dei canonici regolari.
Ma i papi non
dovettero occuparsi solo degli evangelizzatori. In un contesto di costrizioni
e violenze, sorte nell'esercizio della nuova fede, essi arrivarono a
permettere l'organizzazione di Crociate di difesa "per la reverenza del
nome cristiano". Così, accanto ai predicatori, si organizzarono in un
proprio
Ordine i "Fratelli della milizia di Cristo della Livonia".
“Terra di
Maria”
In tali situazioni
prese sviluppo la cristianizzazione in tutto il Paese e nel 1205 la Lettonia
veniva denominata "Terra di Maria", come si ha la conferma in una
lettera di approvazione del papa Innocenzo III (1160-1216).
Secondo
il suddetto cronista Enrico de Lettis, il culto di Maria favorì la diffusione
del cristianesimo: la Vergine serviva agli evangelizzatori come base di lancio.
Il vescovo Alberto dedicò la sua sede episcopale "in onore della
Beatissima Madre di Dio". Con l'immagine della Madonna si coniavano
monete, s'imprimevano sigilli, si caratterizzavano gli stemmi dei principi. I
giuramenti solenni, secondo una testimonianza del 1383, venivano prestati nella
cattedrale di Riga, la "Chiesa di Maria", davanti all'immagine
della Vergine situata sull'altare maggiore. Nella stessa cattedrale esisteva
una cappella dedicata alla "Madre Addolorata" con una statua
miracolosa tuttora venerata. Il fervore mariano si esprimeva nella vita
familiare e nei luoghi di lavoro oltre che con la preghiera anche con le dainas,
le canzoni popolari in onore e lode della
"buona e cara Maria",
mediatrice fra Dio e gli uomini e ispiratrice di ogni virtù, soprattutto nei
riguardi della donna. In tutto il territorio c'erano numerose chiese e
cappelle mariane. Anzi, si presume, dalla lettera del 28 maggio 1595 di papa
Clemente VIII, che delle duecento chiese lettoni gran parte fossero
"mariane", poiché nella sola città di Riga ne esistevano ben sedici.
Comunque è un dato certo che non vi era chiesa che non avesse almeno un altare
dedicato alla Vergine. A Kuldiga, nella chiesa di S. Caterina, dal 1300
si venerava una statua della Madonna sopra un altare, raffigurata in piedi con
in braccio il Bambino Gesù e con lo scettro nell'altra mano, quasi a
simboleggiare la regalità mariana su tutto il Paese, riconosciutale già agli
inizi dell'evangelizzazione.
Con la Riforma protestante la distruzione
Purtroppo
la Riforma protestante, accompagnata da devastazioni belliche e furiose
invasioni,usò mille mezzi per distruggere ogni segno di richiamo al culto
mariano. L'altare maggiore della cattedrale di Riga, nel 1547, fu abbattuto e
l'artistica immagine della Vergine fu prima gettata nel fiume Dàugava e poi
data alle fiamme.
Sotto
il dominio russo, che soppresse gli ordini religiosi cattolici, la situazione
mariana restò invariata se non addirittura peggiorata.
Il ritorno al culto della Madre di Dio
Solo
nel breve periodo dell'indipendenza nazionale (1918-1940) il culto della Madre
di Dio ritornò a prosperare con nuovi centri di venerazione e con la riapertura
di antichi santuari.
La chiesa seicentesca di Skaistkalne, con la sua mirabile "Annunciazione", quella di Sarkani con una miracolosa immagine del Quattrocento, le chiese di Pasiene con la Madonna del Rosario e di Izvalta con la misteriosa immagine portatavi dai padri Gesuiti, riconquistarono il loro titolo di santuari e divennero nuovamente meta di pellegrinaggi.
Con il comunismo (1940), clandestinità fino al 1989
Con l'avvento del comunismo (1940) reliquie e culto mariano non si spensero, ma quest'ultimo fu vissuto nella clandestinità fino al 1989, quando le porte vennero inaspettatamente riaperte alla libertà. Oggi il culto mariano gode della sua piena e libera espressione e sta rifiorendo dovunque in pubblico e in privato.