Forse in nessun'altra nazione del mondo la Madonna, come Madre di Dio, è onorata, amata e lodata quanto nella Grecia.

Tutto al servizio di Maria

La lingua dette un nome appropriato a Maria: Theotókos, cioè Madre di Dio; un nome che spiega il modo di realizzazione della salvezza degli uomini. Se Cristo è Dio, la Vergine che l'ha messo al mondo è, di conseguenza, Madre di Dio. Questa verità, definita come dogma di fede nel Concilio di Efeso è stata proclamata nel corso dei secoli dai Padri della Chiesa, dai Patriarchi d'Oriente e dai Pontefici di Roma. S. Giovanni Damasceno (†749) per esempio, affermò: "II solo nome della Theotókos, la Madre di Dio, contiene tutto il mistero dell'economia della salvezza".

La liturgia contiene frequenti passaggi di alto senso teologico e di commovente esaltazione della maternità divina. Già all'ingresso di una chiesa greca, a destra della porta centrale dell'iconostasi, è presente una dolce immagine di Maria: la Panaghia, la "Tutta santa". Nella celebrazione della santa Messa la preghiera di supplica è espressa in questi termini: "Facendo memoria della Tutta santa, intemerata, benedetta sopra ogni creatura e gloriosa Nostra Signora, la Madre di Dio e sempre Vergine Maria, con tutti i Santi, raccomandiamo noi stessi, gli uni agli altri, e tutta la nostra vita a Cristo di Dio". Prima della consacrazione si offrono il pane e il vino "in primo luogo per la Tutta santa, tutta pura, tutta gloriosa Regina, Madre di Dio e sempre Vergine Maria"; dopo la consacrazione la menzione di Maria è introdotta con l'avverbio exairetôs, cioè "in modo speciale": "Fa' sì che troviamo misericordia e grazia insieme con tutti i santi che ti sono stati graditi dal principio..., in modo speciale con la Tutta santa, immacolata, benedetta, gloriosa Signora nostra, Madre di Dio e sempre Vergine Maria". Nell'ufficio delle ore, nell’orthos (ufficio dell'aurora), nel vespro, nel mesoniktikon (ufficio di mezzanotte) la Theotókos non è soltanto invocata per la sua intercessione, ma è anche abbondantemente esaltata con inni di eccellente qualità linguistica e letteraria. Inni, preghiere, omelie e scritti contemplativi, che insegnano ad implorare Dio e ad unirsi a lui mediante l'intervento della Madre, sono un ricco patrimonio letterario della Grecia nell'arco di tempo che va dal II al X secolo.

Un saggio stupendo può essere dato citando qualche passo dell'inno Acatisto, nome derivato dal greco Akathistos: non-seduto, poiché veniva ed è ancora attualmente sempre cantato o ascoltato in piedi, come il Vangelo. Composto da un anonimo di origine monastica verso il VI secolo per celebrare il mistero dell'Incarnazione, fu usato in seguito come canto per ringraziare la Madre di Dio della protezione da lei accordata alle città greche e di tutto l'Oriente cristiano. L'Acatisto è una serie di contemplazioni dei misteri di fede riguardanti Maria, evocati ciascuno da un'antifona e sfocianti in acclamazioni. Può essere visto come un antenato del Rosario. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 I prototipi usati negli affreschi per la “Madre di Dio”

I prototipi della Theotókos preferiti dai pittori greci dal IV al IX secolo sono tre: due con il Figlio, più tardi denominati Odigitria ed Eleùsa e la terza senza, chiamata Déisis.

La Madonna Odigitria, "colei che indica la via", cioè Cristo, guarda verso i fedeli e porta sul braccio sinistro il Figlio divino che benedice con la mano destra, mentre con la sinistra tiene il rotolo delle Sacre Scritture. Della Madonna Eleùsa o della "Tenerezza" con i volti accostati della Ma­dre e del Figlio in un'espressione di profonda intimità si hanno diversi tipi tra cui alcuni che portano la scritta Glykofilússa, tradotta in italiano con "dolce baciante".

La Madonna del Segno o Déisis é la tipica Orante, diffusa anche in Occidente nei primi tempi cristiani, come testimoniano gli affreschi delle catacombe. L'immagine può essere intera o a mezzo busto con il Cristo dipinto sul suo petto entro un cerchio o un ovale. Talvolta viene chiamata Platítera, cioè più vasta (dei cieli), facendo riferimento al Verbo che la Vergine ha contenuto nel suo seno.

Tutte le icone sono oggetto di grandi feste, durante le quali si recitano preghiere d'interesse teologico e d'intensa pietà come la seguente: "Peccatori e infelici corriamo ognora dalla Madre di Dio: prostriamoci nel pentimento gridando dal fondo dell'anima: O Sovrana, soccorrici, muoviti a pietà verso di noi; affrettati, rischiamo di perderci per la moltitudine dei peccati. Non rimandare i tuoi servi delusi, perché tu sei l'unica nostra speranza".

Questa presenza mistica e soave della Theotókos non restava nelle immagini e nei testi liturgici e letterari, ma veniva sperimentata e vissuta dalla popolazione a qualsiasi livello. Infatti al patrocinio della Vergine facevano ricorso i semplici cittadini e gli imperatori nelle loro difficoltà individuali come nelle disgrazie nazionali; a lei andavano i loro inni di riconoscenza dopo gli scampati pericoli e le guerre vittoriose ottenute per la sua intercessione. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Infatti il saluto "Ave", cantato nelle ventiquattro strofe, ritorna più di centocinquanta volte.

Ma vediamo come il poeta nella strofa 19 canta con accenti incantevoli la collaborazione che la Vergine ha dato alla missione del Figlio: "Ave, colonna di sacra purezza; Ave, Tu porta d'eterna salvezza.  Ave inizio di nuova progenie;  Ave, datrice di beni divini.  Ave, Tu vita hai ridato ai nati nell'onta;  Ave, hai reso saggezza ai privi di senno. Ave, o Tu che annientasti il gran seduttore.  Ave, o Tu che dei casti ci doni l'Autore.  Ave, Tu grembo di nozze divine;  Ave, che unisci i fedeli al Signore.  Ave, di vergini alma nutrice;  Ave, che l'anime porti allo Sposo.  Ave, Vergine e Sposa!".

L'inno si chiude con una supplica affascinante: "Grande ed inclita Madre,  Genitrice del Sommo tra i santi,  santissimo Verbo,  or degnati accogliere il canto! Preservaci da ogni sventura, tutti!  Dal castigo che incombe , Tu libera noi che gridiamo: Alleluia!".

La pittura è espressa soprattutto attraverso le icone. L'iconografia è un'arte rituale e appare spesso come espressione di fede e omaggio alla santità della Madre di Dio e alla funzione nella storia della salvezza. L'icona non è quindi un semplice quadro, ma un tentativo di ricostruzione dell'invisibile nella creatura umana prediletta da Dio, un modello di bellezza morale e spirituale a cui l'artista deve scrupolosamente attenersi .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I prototipi usati nelle icone mariane

Le lotte iconoclastiche indussero i pittori a un grande sforzo di verosimiglianza nella riproduzione dei temi sacri.  Nel dipingere le icone non potevano più abbandonarsi liberamente alla fantasia ma, soprattutto per le immagini di Cristo e della Vergine, dovevano riprodurre fedelmente dei prototipi. I prototipi principali sono quattro:

1.   Odigitria: (colei che indica la via): la Vergine regge con la sinistra il Bambino benedicente e con la destra lo indica.  L'icona, venerata fino alla caduta dell'impero romano d'oriente (1453) nel santuario omonimo, era probabilmente di origine palestinese e venne portata a Costantinopoli nel V secolo.  Si riteneva che fosse un vero e proprio ritratto della Vergine, eseguito dall'evangelista Luca; andò distrutta nel saccheggio della città conquistata dai turchi. E' l'icona di gran lunga più comune e più riprodotta.  Sue varianti sono l'Eleusa (o icona della Tenerezza) e l'icona della Passione (o del Perpetuo Soccorso).

2.   Aghiosoritissa (da "Aghia Soros", santa urna, in cui si conservava il cinto della Vergine nel santuario della Kalcoprateia); è detta anche dell'Intercessione: raffigura la Vergine quasi di profilo, con le braccia protese in atto di intercedere.  Anche il suo prototipo è attribuito a san Luca e pare che sia stato portato a Costantinopoli dalla Palestina nel V secolo.  Andò probabilmente perduto nel corso della crisi iconoclastica.

3.   Blachernitissa (dal nome del santuario in cui era custodita): la Vergine è di fronte, in atteggiamento orante.  Poco si conosce dell'originale, che tuttavia era l'icona più popolare di Costantinopoli e quella maggiormente legata alla storia della città.  Pare che sia andata perduta nell'incendio di Blachernes del 1433.  Una variante molto comune presenta il bambino ritratto sul petto della Vergine.

4.   Basilissa (Regina): la Vergine è assisa in trono con il Bambino sulle ginocchia e un abbigliamento da regina.  Non è legata a un prototipo particolare, né specificamente a un santuario di Costantinopoli. E' la glorificazione della maternità divina e si è sviluppato subito dopo il concilio di Efeso (431).  In Occidente fino alla fine del periodo romanico quasi tutte le Madonne sono di questo tipo. 

La lotta per l’indipendenza e il culto mariano

Dopo quasi quattro secoli, nel 1821, iniziò la lotta per l'indipendenza nazionale e, non a caso, dai rivoluzionari fu scelto il 25 marzo, festa dell'Annunciazione, per riunirsi nel santuario mariano di Aghia Lavra, nel Peloponneso, e impegnarsi con giuramento e con voti in onore della Tutta santa a liberare la patria o a morire. Teodoro Colocotronis infatti, uno dei capi più rappresentativi, promise alla Vergine di restaurarle una chiesa da tempo in rovina.

Costantino Canaris, un eroe della marina, dopo la vittoria che riportò sulla flotta turca di fronte all'isola di Tenedos, ritornò a Psara, sua città natale, per deporre ai piedi della Theotókos la corona di alloro. Giovanni Capodistria, capo del Governo, il 12 gennaio 1828, appenadopo il suo sbarco a Nauplia, corse alla chiesa della Vergine per invocarla e ringraziarla. E quando nel settembre 1829 con il trattato di Adrianopoli tra lo zar e il sultano ebbe luogo ufficialmente il riconoscimento dell'indipendenza, il nuovo stato fu posto sotto la protezione della Madre di Dio, della Tutta santa, della Piena di Grazia.

La devozione popolare riprese vigore e vivacità in tutte le sue antiche tradizioni. I marinai invocavano Maria con una litania magnifica di titoli riferiti ai vari aspetti della vita di mare: lei era la Stella, la Vergine del mare, dei capi, della spiaggia, Capitana dei battelli, delle navi, divina Stratega, Marinaia, Colei che lotta contro le onde, Colei che porta a salvezza. Essi costruivano in suo onore numerose cappelle sulle coste e i promontori delle Cicladi e del Peloponneso e portavano anche fuori della loro patria immagini miracolose, come quella della Vergine del Perpetuo Soccorso, opera del pittore greco Ricos del XIV secolo, ma che dal 1498 si venera a Roma in Via Merulana. Erano soliti anche dare il nome della Madonna a frutti di mare o a costellazioni del cielo. Così certe conchiglie venivano chiamate le scarpine della Vergine; l'arcobaleno diveniva la cintura della Vergine e la via lattea la strada della Vergine; un piccolo scoglio sormontato da un faro era la piccola Vergine insulare; un piccolo golfo e una sorgente minerale a Mitilene erano la Vergine nascosta. Nelle famiglie il nome di Maria, sotto le sue diverse forme, era il nome più diffuso per le donne e spesso veniva portato nella stessa famiglia dalla madre e da una delle figlie. A sera era normale pregare insieme davanti all'icona e baciarla con grande devozione. Attualmente la pietà popolare mariana è attestata sui livelli del passato e ne è una prova eccellente l'affluenza nelle chiese di ingenti folle durante le feste dell''Annunciazione e della Dormizione o Assunzione. Non vi è mese dell'anno, in cui non vi sia un giorno consacrato a Maria; non vi è un giorno della settimana, in cui nella liturgia non si trovi una preghiera speciale a lei; il mese di agosto è come il mese di maggio di noi cattolici. Del resto la Grecia è uno dei paesi del mondo che possiede più chiese dedicate alla Madre di Dio. Ogni provincia ha il suo santuario locale: Patrasso ha la Vergine della Casa dei vecchi; Corinto, la Tutta santa della Luce; Paro, la Vergine delle cento porte; Corfù, la Vergine della Salvezza; Cefalonia, la Vergine Orante; Siro, la Vergine del Perpetuo Soccorso. 

Il santuario nazionale “Nostra Signora Tutta santa dell’Annunciazione”

Durante le cerimonie liturgiche, quando brevi processioni si snodano dall'altare al tabernacolo dell'Evanghelistria, si ascoltano le acclamazioni del popolo evocate dalle antifone del celebrante, soprattutto quelle dell'inno Acatisto. Quasi quotidiano, invece, è l'uso di un canto grave, alternato senza interruzione da due sacerdoti sull'altare, per raccomandare persone indicate dai foglietti dei pellegrini.  Ogni anno quattro grandi celebrazioni hanno luogo nel santuario: il 30 gennaio, anniversario del ritrovamento dell'icona; il 25 marzo, festa titolare del santuario e festa nazionale della Grecia, in quanto anniversario dell'insurrezione greca contro l'impero turco; il 22 luglio, ricordo della visione di suor Pelagia; il 15 agosto, festa della Dormizione della Madre di Dio. In tali giorni decine e decine di migliaia di pellegrini della Grecia continentale si riversano su Tinos per partecipare alle processioni che si svolgono accompagnate da bande musicali e da alte grida di invocazioni.

Il 25 marzo, dopo il Mattutino e la sacra liturgia eucaristica, la processione esce con la miracolosa immagine, inondata di fiori e circondata da migliaia di fedeli e dai rappresentanti del Governo, dell'Esercito, dell'Aviazione e della Marina. Attraversato il centro abitato, caratteristico per le sue strade strette e lastricate di marmo, essa viene avviata verso il porto dove è accolta dal suono delle sirene delle navi ancorate e dall'applauso dei marinai, che la invocano come la loro "divina Stratega".

In agosto i riti si protraggono dal 15 al 23. La popolazione della città di circa 20 mila abitanti si vede decuplicata e la maggior parte di essa trascorre i giorni della festa sistemata alla meglio, sotto tende e all'aria aperta. La grande processione inizia al mattino e percorre tutte le vie della città tra un immenso fervore religioso. Così la Theotókos, spesso invocata come il "Ponte sacro che ricongiunge la terra al cielo, che fa passare gli uomini dalla morte alla vita, sarà, in questo attuale movimento ecumenico, il Ponte augusto che, secondo una bella espressione di Teofane niceno, "riunirà in un sol corpo vivente le membra disperse del Cristo" dai nefasti scismi secolari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Preghiera  

Questa accorata preghiera è stata composta da Elia Miniatis, vescovo di Kalàvrita (Peloponneso), e pronunciata nella festa dell’Annunciazione del 1686, quando la Grecia era sotto il dominio turco.

"Fino a quando, o Vergine tutta pura, l'infelice popolo ellenico dovrà vivere nelle catene di una insopportabile schiavitù?  Ricordati che prima fra tutte le nazioni, è stata la nazione greca ad accendere la luce della fede.  Fra tutti i popoli la Grecia è stata la prima ad aver ricevuto il vangelo di tuo Figlio, ti ha riconosciuta come Madre del Verbo Eterno e si è opposta a quanti volevano annientare il tuo nome venerabile. Essa ha donato al mondo dei maestri che hanno diffuso la verità: dei pastori che hanno scacciato i lupi dal gregge della Chiesa; degli operai che, con la croce, versando lacrime, hanno lavorato a trasformare i cuori, a spandere la semente del vangelo e a indicare le vie dei Cielo.  Essa ha dato dei martiri che hanno tinto di porpora il manto della Chiesa.

Ti preghiamo, dunque, Vergine misericordiosa, per quell'«Ave» che ha segnato l'inizio della nostra felicità e nello stesso tempo della tua gloria, di restituire alla nazione degli elleni la gloria di una volta.  Toglila dal fango della schiavitù e falla salire sul trono regale.  Spezza i vincoli che l'imprigionano; rendile lo scettro che le è dovuto e dalla servitù conducila al regno. Se le nostre lacrime non sono sufficienti per commuovere il tuo cuore, porgi l'orecchio alle voci e alle preghiere che salgono verso di te dalla nostra infelice patria: è Andrea che ti implora da Creta, Spiridione da Cipro, lgnazio da Antiochia, Crisostomo da Costantinopoli.  Attirando il tuo sguardo sul penoso asservimento che gli fanno subire gli infedeli, essi sperano dalla vostra grande misericordia la liberazione della nazione degli elleni. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Papa Giovanni Paolo II

Il culto entusiastico di Tinos alla Madre di Dio dimostra come la devozione mariana può divenire un prezioso mezzo di riconciliazione tra gli ortodossi e i cattolici. Giovanni Paolo II l'ha manifestato, ricordando la storia di Tinos, alla folla raccolta in piazza S. Pietro il 10 aprile 1988, prima della recita del "Regina Coeli": 

"Mi è caro esprimere l'augurio che, in questo anno mariano, i cattolici e gli ortodossi dell'Isola (di Tinos), che sono uniti gli uni e gli altri dalla pietà verso la Santissima Madre di Dio, elevino a lei con rinnovato fervore le loro suppliche, affinché abbia a sorgere il giorno, in cui tutti i suoi figli saranno riuniti e potranno innalzare al Signore Gesù la lode, che egli vuole da loro: la comune professione di fede".