L'Inghilterra, prima dello scisma avvenuto sotto Enrico VIII nel 1534, aveva una profonda tradizione di culto mariano, radicata sia nel popolo sia nella classe dirigente.  La Riforma spazzò via tutto, ma pure qualcosa rimase nell'animo dei fedeli, come un seme nascosto e in questi ultimi tempi sta risorgendo, non solo presso i cattolici,  ma anche in larghi strati della Chiesa anglicana. L'avvento del cristianesimo coincide con la conquista delle isole britanniche da parte dei Romani (43 d.C. ) e con la costituzione della "provincia Britannia". L'occupazione si protrasse fino all'inizio del V secolo d.C., quando con la partenza delle truppe romane, la Britannia rimase esposta alle incursioni dei popoli del settentrione abitanti la Scozia e alle invasioni di popolazioni germaniche, principalmente gli Angli e i Sassoni da cui deriva il nome di Anglosassone. Le leggende di re Artù e della Tavola rotonda ci raccontano le lotte che caratterizzarono tale epoca. Nel VI secolo gli invasori erano ormai padroni di quasi tutta l'attuale Inghilterra.

La leggenda di Giuseppe d’Arimatea

C'è una simpatica leggenda che fa risalire l'evangelizzazione dell'Inghilterra a Giuseppe d'Arimatea, il quale si sarebbe recato nella Britannia di allora con dodici compagni.  Sempre secondo la leggenda, egli avrebbe ricevuto dall'angelo Gabriele l'ordine di erigere una cappella alla Vergine.  Da questo primo nucleo si sarebbero poi sviluppati l'importante abbazia e il santuario di Glastonbury. 

San’Agostino di Canterbury

Angli e Sassoni erano pagani e la cattolicità britannica fu sommersa dall'invasione, salvo in piccoli territori rimasti indipendenti. La conversione degli Anglosassoni al cristianesimo non provenne da questi resti dell'antica Chiesa britannica, ma direttamente da Roma. Il più famoso apostolo dell'Inghilterra è  infatti sant'Agostino di Canterbury, inviato da papa Gregorio Magno nel 597 a predicare il vangelo agli abitanti dell'isola.

Tra le consegne date dal santo papa ad Agostino c'era quella di non distruggere le usanze religiose di quei popoli, ma di "convertirle".

Interessanti esempi di questa "conversione" di usi e costumi li troviamo soprattutto nel campo del culto mariano: le sorgenti e i pozzi, che erano luoghi sacri pagani, vennero in massima parte dedicati alla Vergine e diedero origine a tanti santuari.  

Un altro esempio l'abbiamo nel campo botanico: centinaia di fiori hanno ancora adesso nomi mariani: così abbiamo il "manto", il "guanto", le "dita", le "scarpe", i "capelli"... della Vergine.  Prima invece i fiori erano dedicati per lo più alla dea pagana dell'amore e della fecondità. 

L'Inghilterra, dote di Maria

La conversione degli anglosassoni significò per queste popolazioni una grande fioritura civile e culturale, con accentuazioni mariane molto marcate.  Tuttavia l'impulso principale si ebbe con il re Edoardo il Confessore, al quale (1043-1066), viene fatta risalire, seppure con qualche incertezza, la forma più caratteristica di culto mariano in Inghilterra: la consacrazione del regno alla Vergine come sua "dote" (Marys dowry).

Per comprendere in che senso l'Inghilterra possa considerarsi "dote" di Maria, occorre rifarsi ai costumi matrimoniali degli anglosassoni.  Anticamente la moglie veniva comperata con il versamento di una dote alla famiglia di lei.  L'influsso del cristianesimo portò a versare la dote non più alla famiglia, ma alla sposa stessa.  Va da sé che l'entità della dote stava a testimoniare l'amore dello sposo per la sua donna.  La dote rimaneva sua proprietà assoluta e lei poteva disporne come meglio credeva.  Il re, quindi, offrendo l'Inghilterra alla Vergine come sua dote, donava a lei tutto quanto possedeva e da quel momento non governava più a nome proprio, ma come suo vassallo. A sua volta il popolo inglese si sentiva fiero di costituire la "dote" di Maria.

Thomas Arundel (1353-1414), arcivescovo di Canterbury, in una lettera al vescovo di Londra e ai suoi suffraganei sul mistero della Incarnazione in cui la Madonna diviene "Madre di Dio", scrisse: "Noi Inglesi, suoi speciali servi e sua propria "dote", dobbiamo superare tutte le altre nazioni col fervore delle nostre preghiere e della nostra devozione".

Era questa una convinzione di dominio pubblico da quando Edoardo il Confessore (1043-1066) offrì l'Inghilterra a Maria come "dote", per definirsi così "vassallo della Vergine" che governa in suo nome.

Ciò spiega anche perché Enrico V (1415-1422), secondo l'affermazione di un monaco di Canterbury, entrando ad Azincourt, esclamò: "Cui dos Anglia stat Dextera Dei regit mediante Maria".

Nel collegio inglese di Roma esisteva, verso la metà del secolo XVII, un quadro in cui si rappresentava Riccardo II insieme alla regina, in atto di offrire l'Inghilterra a Maria con sotto la scritta: "Dos tua, Virgo pia, haec est, quare rege, Maria".

Molte città, particolarmente consacrate a Maria, hanno il suo nome, portano la sua immagine o il suo monogramma nei loro stemmi, nelle loro porte d'ingresso, sui ponti; più di 500 varietà di fiori e piante medicinali ricordano prerogative o feste mariane nell'epoca della fioritura. Ne risultano così i nomi di suggestiva bellezza, quali: Manto, ventaglio, guanto, scarpe, capelli, lacrime della Madonna, fiori della Purificazione, della Natività, gigli dell'Assunzione, ecc. 

Sotto Enrico VII (1485-1509) su venti navi, quattro portavano il nome di Maria. 

Distruzione dissennata

Nel 1536, due anni dopo il distacco da Roma, Enrico VIII, seguendo il consiglio dei ministri filoprotestanti Thomas Cromwell e Thomas Cranmer, con la scusa di troncare ogni abuso alla radice, soppresse i monasteri e i santuari, confiscandone i beni.  Essi vennero sistematicamente depredati e talvolta anche distrutti dai commissari reali, che davano ampia pubblicità agli abusi riscontrati, e talvolta anche simulati. Il re, nel decretare ciò, passò sopra ai propri stessi sentimenti personali perché aveva un urgente bisogno di denaro per finanziare le sue guerre: l'argento e l'oro che vennero a riempire le sue casse misero a tacere la sua coscienza.

Praticamente non si salvò quasi nulla, né in Inghilterra, né in Galles.  In Scozia avvenne la stessa cosa per opera dei calvinisti guidati da John Knox.  Non solo vennero distrutte tutte le statue, i reliquiari e gli ex voto, ma anche i libri e i documenti, con enorme danno per la pietà, per l'arte e la storia. I santuari che erano anche chiese parrocchiali rimasero, per quanto spogliati delle immagini e degli altri oggetti di culto; le chiese invece che facevano parte di monasteri o conventi, vennero distrutte o lasciate nell'abbandono, e quindi sparirono del tutto o, come nel caso di Walsingham e Glastonbury, si ridussero a ruderi, che a mala pena danno un'idea delle splendide costruzioni gotiche anteriori alla Riforma.

Tuttavia il culto della Santa Vergine non scomparve completamente, perché fu alimentato in tutta la sua luce evangelica, sia in opere predicabili e formulari  di preghiere sia in poesie e prose letterarie, da autori  protestanti.

Thomas Lodge (1558-1625), Ben Jonson (1573-1637), William Forbes (1585-1634), Herbert Thorndike (1598-1673), William Habington (1605-1668), John Pearson (1612-1686), Mark Frank (1613-1664), Jeremy Taylor (1613-1667), Thomas Ken (1637-1711), George Hickes (1642-1715) e altri seppero ancora guardare Maria con gli occhi della vera fede, considerandola:

"Madre di Dio e, per questa sua alta dignità, predestinata fin dalla nascita, senza peccato; piena di grazia; Vergine ante partum, in partu, post partum; Madre di Cristo e di tutti gli uomini; prima creatura redenta; chiesa vivente, portatrice non solo di Cristo; nostra fiducia, non solo sulla terra, ma anche nel cielo, essendovi stata assunta nel suo corpo glorioso" . 

Ritorna la libertà religiosa

All'inizio del 1800 si ebbe l'abolizione delle leggi contro i cattolici e con l'avvio del romanticismo si attuò un recupero della cultura medioevale.  Inevitabilmente ci si trovò di fronte al culto mariano che aveva marcato in modo così evidente la cultura inglese di quei secoli.

L'atteggiamento degli anglicani fu in genere esitante, ma alcuni di loro non si fecero scrupolo di collocare immagini mariane nelle chiese e praticare le tipiche forme di culto mariano dei cattolici.

Essi fecero rivivere alcuni antichi santuari, come quello di Walsingham e anche gli stessi pellegrinaggi, fra cui quello così detto "della dote", in ricordo della consacrazione dell'Inghilterra a Maria "come sua dote".  Inoltre moltissimi anglicani iniziarono a frequentare i santuari cattolici, sia in patria che all'estero.

Da parte loro i cattolici, con l'abolizione delle leggi ostili, si adoperarono per far risorgere gli antichi santuari negli stessi luoghi, o nelle immediate vicinanze.  Talvolta capitò che fossero i proprietari anglicani a facilitare l'iniziativa della ricostruzione.

Alla fine del 1800 Leone XIII, in una lettera enciclica, ricordò agli Inglesi la tenera devozione dei loro avi alla Vergine Addolorata e li spronò a consacrarsi a lei, a mettersi sotto il suo potente patrocinio. Così il 29 giugno 1893 ebbe luogo in Westminster una solennissima consacrazione che si rinnova ogni anno il 4 maggio, in tutte le chiese.

Ai nostri giorni alcuni teologi anglicani, coscienti dell'importanza che la Madre di Dio ha nella nostra salvezza, scrivono libri intorno a lei e cercano con argomenti scritturistici di provarne la validità della devozione.

Perciò attualmente la devozione a Maria nella Gran Bretagna è molto più diffusa di quanto i cattolici non lo credano e i protestanti non vorrebbero ammetterlo.