Il racconto più antico dell'apparizione è posto ad apertura di un libro
manoscritto redatto tra il 1505 e il 1519 ed intitolato Libro dei miracoli per
esservi narrati 78 prodigiosi eventi susseguitisi in quei 15 anni.
L'eccezionale valore storico del manoscritto è dato dal fatto che le
narrazioni sono autenticate dal notaio imperiale Michele Lazzaroni, al quale i
deputati del Santuario si erano affidati anche in altre occasioni. Questa
fonte documentaria, preziosissima per essere coeva agli eventi di cui
riferisce, fu ritrovata tra le carte del Santuario da padre Ambrogio Maria
Rugginenti dei servi di Maria — a quel tempo incaricati della gestione del
culto - il quale nel 1947 pubblicò sul Bollettino del Santuario l'inedito
racconto dell'apparizione, ripreso in seguito da don Lino Varischetti in
occasione della riedizione ampliata dello studio del Giussani. Il testo così
recita:
In Nomine Domine. Amen, In primis: Essendo Mariolo, filiolo che fu d'uno
condam domino Romerio de Homodeo, habitatore di Tirano, in la contrada dove
soleva stare uno quandam Plasio del Pena, sotto et appresso il ponte
Puschiavino; homo justo il quale teme Idio et la sua sancta matre; la matina
de Sancto Michele arcangelo, che fu in una domenicha, adi vintinovi del mese
de setembri, nel anno MDIV, per volere andare a una sua vigna, et essendo
umpocho dislongato dela sua casa, fu levato de terra et fu portato per insina
a uno certo loco dove soleva essere uno ortecelo, il quale he in questa
benedicta fabricha, et li fu lassato, et in el perdicto orticelo, ge aparse
una Madona vestita de beretino, cum grandissimo splendore et suavissimo odore,
et gè dice tali parole, videlicet: "Mariolo, Mariolo!" et lui respose: "Bene,
Madona" com grande pagura. La prefata Madona si gè respose: "Bene averastu.
Sapi che io sono la gloriosa vergine maria, non voia havere pagura. Sapiathe,
questo anno, siè comenso una grande mortalitate de homini et de bestiami et
anchora haverà a pesorare in masore mortalitate, salvo et reservato che qui in
questo loco se averà a fare una ecclesia a honore mio; et tuti li personi li
quali harano a visitare questo sancto et benedeto loco, cum qualche bono et
sancte elemosine, secondo la loro qualitate, sarano liberi et salvi da questa pestilentia et mortalitate". Del che
il predicto Mariolo statim se mese in horatione, et la prefata Madona se ge
dice: "Va per tuto donda che tu puoi andare et notifica questa aparitione et
miracolo". Et statim il prefato Mariolo se partite et venete ala prefata terra
de Tirano, et notificò la predicta aparitione et miraculo al magnifico et
prestantissimo domino Aluisio de Quadro de Ponte, habitatore de Tirano,
cavaliere sperono de oro, et ali decano et conselieri dela comunitate predicta.
Dil che habiando il Magnifico D.no cavaliere et li homini dela predicta terra
de Tirano inteso de questa aparitione et grandissimo miraculo, se parteno de
la terra de Tirano, per vignire a questo sancto loco, a una cum il venerabile
domino presbitero Grigorio de Homodeo, curato de la prefacta terra de Tirano,
per dare principio a questa sancta ecclesia, et cavando in el predicto loco,
quasi per insina a sei braza in giuso, se trovò una còde come sono gli che se
da il filo ali ranzi, per signale como la pestilentia si comensava, et facto
il principio dela giesa, la predetta pestilentia se comensò a cessare eo modo
che de quello giorno de Sancto Michele inquà, mai non è possa stata predicta
peste.
Dopo soli otto anni un secondo racconto sotto forma di terzine fu affrescato
all'interno della chiesa a corredo della scena dell'apparizione giunta sino a
noi, mentre i versi, fortunatamente trascritti dal Cabasso nel 1601, sono
stati tolti per far posto ad un confessionale.
Nel 1513 l'edificio era incompleto, la chiesa non ancora consacrata e solo nel
1519 sarà commissionata a Giovan Angelo Dei Maino la costruzione di un
grandioso altare per la cappella della Madonna, per quanto da subito si fosse
ottenuto il permesso di celebrare messa sul luogo dell'apparizione in
considerazione del costante afflusso di numerosissimi fedeli. L'alta datazione
dell'affresco, la sua collocazione così in vista e il sapore popolare del
dipinto, così come dei versi, rispondono all'esigenza di collocare al più
presto all'interno del Santuario in costruzione una testimonianza figurativa e
letteraria dell'evento che fosse di immediata comprensione per tutti. Data
l'importanza dell'intervento, escludo che sia lasciato campo libero all'ignoto pittore e al Federici; è dunque molto significativo che tanto il dipinto quanto i versi
siano in linea con la precedente versione.
Esiste poi una terza narrazione dell'evento inserita nel celebre testo storico
I miracoli della Madonna di Tirano stampato a Vicenza nel 1601 e scritto dal
sacerdote e teologo tiranese Simone Cabasso.
Ne detto giorno di S. Michele del già nominato anno un certo huomo di santa
vita e religiosi costumi, che Mario haveva nome, della nobil famiglia de gli
Homodei, essendosi levato e partito dalla paterna casa, che era edificata non
più lontano, che un tirar di pietra dal luogo, dove ora giace la chiesa grande
della Madonna, prima che il sol spargesse i suoi desiati raggi sopra la terra,
anzi prima, che l'alba nella cima dei pietrosi monti apparisse, per andarsene
ad una sua vigna, per riportarne da lì alcuni pochi frutti, a pena fu partito,
che gli parve che le cime de monti da nova e inusitata luce fossero
illuminati. Il che mentre fra se stesso, non senza qualche timore, considerava
d'onde procedesse, si sentì manifestamente alzar da terra, e esser trasportato
in un horticello, che quivi tra luochi deserti e inculti giaceva, e deposto
che fu sopra la terra, come che prima gli pareva, che i monti da chiarissima
luce fossero illuminati, così deposto in terra avanti gl'occhi se gli presentò
una Verginella che gli pareva d'età di 14 anni, o poco più, vestita habito
candidissimo, dalla quale conobbe esser proceduto il passato lume, che
risplender faceva gli eminenti monti. Era questa Verginella da moltitudine
celeste accompagnata, la quale dimandando questo buon Mario per proprio nome,
à quisa di quell'angelo, che già apparve all'antico Patriarca Abrahamo,
dicendogli Abrahamo, Abrahamo: gli rispose il buon Mario, alla prime dicendo,
bene, e ella bene havrai, gli rispose: vattene (soggiunse la Verginella) à
Tirano, e dirai a quel popolo, che in questo loco si faccia un Tempio per
culto e religione dell'eterno e vero Iddio, dedicatosi in honore del mio santo
nome, il che sentendo egli ginocchiatosi in terra rispose: O gloriosa Vergine,
come crederanno mai, che tu sij quella, che mi mandi? Non è meraviglia che il
buon Mario gli dicesse tali parole, poi chè tali furono le parole di quel
giusto Zaccaria, al quale apparve l'Angelo Gabriele, quando gli disse, e come
crederò questo? A cui disse la Vergine, digli, che non ricevendo essi questo
mio precetto, la peste che hora si ritrova ne gl'armenti suoi si convertirà
nelle loro persone (era in quelli giorni grandissima mortalità di bestie nel
loco di Tirano) e in segno di questo, che hora ti ho detto, il fratello tuo
Benedetto, quale hieri lasciasti in infermità tale, che da tutti era disperata
la sua sanità, ritrovasi del tutto risanato e libero d'ogni infermità. Il che
detto ebbe disparve, lasciando quivi tanta fragrantia di soavi odori, qunta
mai odorasse alcun mortale. Riposatosi alquanto il buon Mario hora circondato
da paura, hora da maraviglia e hora da consolatione, fattasi l'aurora,
levatosi da terra inviossi verso Tirano, dove prime entrando nella Chiesa
Parrocchiale, dedicata sotto il titolo del glorioso Confessore Santo Martino,
ritrovandosi quivi il popolo per sentire la prima Messa, stava fra se stesso
con le lacrime a gl'occhi più pensieroso che mai, da una parte considerando il
precetto della Vergine, dall'altra parte considerando la difficoltà del fatto.
Dove che, a guisa di quel buon Giona, pensava fuggirsene, e non dire cosa
alcuna. Pur ultimamente dato il suo contento alla giusta ispirazione, deliberò
di eseguire quanto gli era stato comendato, pensando, che se tale era la
volontà del vero Iddio, appresso il quale cosa alcuna non è difficile, il
tutto si sarebbe con felice effetto mandato in esecuzione (il che hoggidì
vediamo esser fatto) e così posto nella porta del Tempio, finiti i divini
sacrifici, incominciò, non senza gran gemiti, con alta voce gridare (sì che
da tutti fosse comodamente sentito) che gli volessero prestar grata udienza, e
pensando essi, che facilmente volesse ragionare della morte di suo fratello,
(quale tutti pensavano già esser morto)
si fermorono al suo loco. All'hora Mario con tremolante voce disse: Popolo di
Tirano, ti annontio, e commetto da parte della gloriosa Vergine Maria, che tu
faccia un Tempio nell'horticello vicino al ponte della Fola, dove a me è
apparsa, da quest'occhi questa mattina è stata vista; il che se tu recuserai,
ti minaccio che la peste, che hora si trova negli animali, lasciando quelli,
salirà sopra di te. In segno di che m'ha detto di più, che averei trovato mio
fratello sano. All'hora fu da molti schernito e deriso, questo ragionamento
(come nelle cose nuove suole avvenire) il che fu fatto nel ragionamento, quale
fece l'Apostolo Paolo in Athene, quando ragionò della resurretione dè morti,
che ancor esso fu da molti schernito; non di meno per il segno dato della
sanità dell'infermo fratello, qual ogn'uno istimava già eser passato da questa
vita, quasi sorridendo, andiamo a vedere il suo risanato fratello, dicevano,
giunti alla casa lo ritrovarono fuori dal letto senza febra, senza molestia
alcuna, solo con la debilità, e estenuazione della lunga infirmità a guisa di
quella socera di Pietro, che alle parole di Christo senza febre se ne levo dal
letto, e interrogato da qual hora l'infirmità si fosse partita, trovorno esser
proprio quell'hora, quando la Vergine annontiò a Mario la sanità del fratello,
come fu fatto con il figliuol di quel Regolo, che, quando Christo gli disse:
vattene, che tuo figiuolo vive, subito la febre l'abandonò. Fu all'hora creduto
a Mario, quanto egli aveva detto, e specialmente dà Medici quali sapevano in
qual termine havevano lasciato l'infermo nel precedente giorno: Per il che
redunati molti deliberarono far quivi un Tempio di non molta spesa, il quale
in pochi giorni hebbe principio, e quasi fine. Ma per il concorso di molti
fedeli, oppressi da varie, e insanabili infirmità, quali devotamente chiedendo
a Dio per intercessione della Vergine Santissima aiuto delle loro infirmità si
partivano liberi e risanati, lasciando il segno delle loro infirmità: per
questo fu poi bisogno che di nuovo fosse ampliato questo sacro Tempio, e posti
nuovi fondamentali alli 25 di Marzo 1505 per il Rev. Padre Gregorio Homodeo
all’hora curato di Tirano (….) e posti che furono questi nuovi fondamenti,
incominciò la Maestà del nostro Iddio a far manifesto, quanto voleva operar in
questo loco per intercessione della Vergine Santissima.
(Brano tratto da Francesca Bormetti, Origini e storia, in Francesca Bormetti - Raffaele Casciaro, Il Santuario della Madonna di Tirano nella Valtellina del Cinquecento, Silvana Editoriale 1996)