Maria Laura Mainetti lascia sconcertati: tre ragazzine di diciassette
anni hanno confessato di aver massacrato la suora di Chiavenna
senza un movente preciso, per gioco, per noia, per voglia di protagonismo. Si
resta senza parole di fronte a questo abisso del male.
Si apre il grande spazio della preghiera, quello che sant’Agostino
stupendamente tratteggiava come il momento in cui «più che parlare loro di Dio,
si parla a Dio di loro ». Ci dicessero almeno che le
tre ragazze non hanno agito da sole, che qualcuno le ha plagiate... staremmo
meglio.
«C'è davvero da rabbrividire,
se fossero state solo loro», è stato detto in questi
giorni da più parti. La stessa ipotesi di una setta satanica alle loro spalle,
in veste di «regista» del delitto, ci appare già consolante. Ebbene,
satana sicuramente ha avuto un ruolo con l'omicidio di suor Maria Laura, ma non
è necessariamente il satanismo da copertina con individui incappucciati che
compiono i loro orrendi riti. E’vero, non sono state
«solo loro»: con le tre ragazzine, quella notte del 6 giugno scorso, c'era
anche lui, il «serpente antico», il diavolo, l’istigatore del peccato. Quel male concreto che purtroppo trova sempre più spazio nel cuore
dell’uomo, mano a mano che esso diventa impermeabile al bene.
Il nostro «recipiente» è
fatto così, non è adatto a stare vuoto: se non vi fruttificano i valori,
l'infesta la mala erba dei disvalori; se non si apre
al bene, il male prima o poi trova il terreno idoneo
ad attecchire. E’ una legge impietosa di cui vediamo l'applicazione quotidiana
nel campo dell’educazione. La neutralità è una chimera. Diceva un vecchio -
prete: “Chi non si forma, si sforma.”
Inutile cercare scorciatoie:
il satanismo trova spazio laddove vien meno la
religiosità; la maleducazione troneggia dove manca l’educazione, il male
serpeggia quando gli spazi del bene sono ridotti al lumicino. La cultura del
nulla è un’atroce utopia: il nulla, infatti, non esiste; quando c’è il nulla,
di fatto c’è già il male.
Tutto è ancora più drammatico
in quell’età in cui ai “lutti” dell’infanzia
dovrebbero sostituirsi le “nascite” della vita adulta. L’adolescente
ha bisogno di essere amorevolmente e tenacemente educato al sacrificio.
Solo il sacrificio partorisce il bene. Oggi lo si
rifugge, in una sazietà dell’avere che lascia trasparire sempre più la povertà
dell’essere. E se il sacrificio non conduce ai valori,
il suo posto è preso fatalmente da un protagonismo malsano. La noia occupa il
vuoto di ideali. E il gioco è
un gioco …di morte.