FINO A MORIRE

(mons. Ambrogio Balatti, Parroco di Chiavenna)

 

Il delitto di Chiavenna, più ancora che per la efferatezza con cui è stato compiuto, ci sconvolge e ci tocca profondamente.

Ci ha consegnato una MARTIRE. Ha imposto all'attenzione di tutti noi, che viviamo in questa pacifica provincia, ma non soltanto di noi, la figura di una piccola Suora, che nemmeno tutti gli abitanti di Chiavenna conoscevano. Ora, tutti la ’conosciamo’e la sentiamo ’nostra'. Chi l'ha colpita con ferocia ce l'ha consegnata più viva che mai. Le ha conferito la grandezza dell'eroe che si immola per gli altri.

E’ il paradosso che caratterizza ogni martirio. Chi uccide svanisce nel nulla, anche se la giustizia lo punisce, scompare nel grigiore dei senza nome. Ma chi muore, colpito, si colloca fra i grandi, di cui l'umanità, sempre, in ogni epoca, ha estremo bisogno. Di Suor Maria Laura Mainetti sappiamo pochissimo, anche se quel suo cognome sa tanto di Valtellina. Qualcuno ha detto del suo "impegno nel sociale", come se la sua dedizione agli emarginati la assimilasse a una qualsiasi operatrice alle dipendenze dell'ASL. Altri hanno ricordato la dolcezza del tuo tratto, la fermezza del suo temperamento, la sua intelligenza educativa nel seguire le ragazze ospiti dell’Istituto Immacolata. Pochissime cose, sommerse dalla cronaca macabra della sua uccisione e dalle ipotesi a cui ci si affida per avere una qualche spiegazione d'un delitto così orrendo e irrazionale

Ma sentiamo, che non ci serve sapere di più. L'onda forte delle emozioni si spegne in fretta. Lascia il posto a ciò che conta e alla riflessione pacata.

S. Ambrogio, tessendo l'elogio della piccola Martire quattordicenne,

S. Agnese, uscì in questa espressione: "Est virgo et Martyr, dixi satis". E’vergine e martire, tutto qui. Ad appena una settimana dalla sua morte, ci accorgiamo che di Suor Maria Laura sappiamo tutto ciò che l'ha fatta grande.

Il Signore l'ha chiamata e lei si è data a Lui senza riserve. Fino a morire.

Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di eroi come Suor Maria Laura. Gli eroi fatui, che vengono presentati a tamburo battente dai media, svaniscono velocemente nel nulla. I grandi della politica, dello sport, della canzonettistica, della cronaca vengono sistematicamente distrutti proprio da coloro che li innalzano e che dirigono su di essi la luce abbagliante di riflettori provvisori.

Dietro all'operare silenzioso di Suor Maria Laura, al di là del suo correre verso la trappola mortale, c'è quel "Sì" che l'ha legata definitivamente al Signore. Una fedeltà, fondata sull'amore più puro, quello di una maternità spirituale, che la fa simile a una mamma, che per salvare il proprio figlio, sa correre persino rischi mortali. Sta qui il mistero della sua morte, che ha risvegliato in tutti noi, nell'esemplare comunità di Chiavenna, nei credenti e nei non credenti, quel fremito che la routine quotidiana sembrava avere sopito. C'è dunque ancora chi sa morire per aiutare chi soffre, chi accetta una sfida mortale per essere fedele a un impegno. C'è ancora chi è capace di generosità e di bontà. In un mondo che sembra navigare nel buio dell'egoismo e della noia, c'è urgenza di qualche luce, che rischiari i nostri percorsi accidentati e che restituisca il coraggio.

Quel 'grazie', che suor Maria Laura non ha avuto e che fu soffocato dalla furia omicida, lo diciamo noi, ora a Lei.

Il Card. Lavigerie, fondatore della Congregazione dei Padri Bianchi, che operano tra le popolazioni mussulmane, impenetrabili all'annuncio del Vangelo, raggiunto dalla notizia della morte di cinque dei suoi religiosi, barbaramente trucidati, convocò la Comunità in Cappella e fece cantare il Te Deum per ringraziare il Signore. Quel grande Arcivescovo di Cartagine voleva ricordare a e ai suoi missionari che la fedeltà a una vocazione può costare anche la morte e che il martirio nella sua espressione più sanguinosa è un dono che Dio offre all'umanità stanca e disperata.

Ho ancora chiaro nella mente lo spettacolo grandioso del rito sublime, celebrato dal Papa e dai rappresentanti di confessioni cristiane, in questa fase iniziale del grande Giubileo. Un rito commoventissimo. Sullo sfondo del Colosseo, il monumento simbolo legato al ricordo dei martiri delle prime persecuzioni imperiali, si è fatta memoria dei "Testimoni del Vangelo". Vale a dire di coloro che, nel secolo che ci siamo appena lasciati alle spalle, hanno pagato con il sacrificio della vita la loro fedeltà a Cristo. Sono una folla immensa. Mai forse come nel secolo ventesimo, ci sono stati tanti martiri. Sono stati fatti alcuni nomi. Mi ha preso una commozione fortissima quando ho sentito pronunciare il nome di due sacerdoti, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente. Sono Don Renzo Beretta, parroco di Pontechiasso, ucciso da un marocchino che aveva più volte beneficato, e Padre Anton Luli, gesuita albanese. Ho conosciuto Padre Luli quando ero ancora seminarista. Era venuto al mio paese, in occasione della festa patronale dell'Assunta. Era da poco ordinato sacerdote. Non è morto di morte violenta. Ma il suo martirio è durato cinquant'anni. Il regime comunista nella sua Albania lo ha provato nella maniera più feroce: torture, lavori forzati, prigionia dura, umiliazioni.

A questi due martiri si aggiunge Suor Maria Laura. La schiera dei generosi si allunga, si popola di volti noti, di persone del nostro tempo, di uomini e di donne, che ci vivono accanto. Nessuno nasce con la predestinazione al martirio. Il martirio può arrivare per ciascuno. Ma è lo sbocco finale di una vita interpretata nella fedeltà e nell'amore al Signore e ai fratelli.

La morte della suora di Chiavenna mi ha riportato agli anni della mia infanzia. Ho frequentato l'Asilo proprio nell'Istituto Immacolata, dalle Suore Figlie della Croce, la congregazione a cui apparteneva suor Maria Laura. Ho piccoli e frammentari ricordi. Ma ho bene in mente quella casa religiosa, ricavata da una dimora gentilizia dell'antica Chiavenna. Rivedo le aule enormi, con le stufe di forma cilindrica, il grande parco con magnolie giganti, le Suore con il capo seppellito dentro una cuffia bianca, enorme, la loro dolcezza severa.... La notizia della Suora uccisa mi ha fatto riaprire quella breve parentesi della mia fanciullezza. Suore in quell’Istituto ne ho incontrate tante, poi. Buone, pazienti persino con noi piccoli -e ignari attori in occasione del saggio di fine anno. Nulla le faceva diverse da tante altre religiose. Poi anch'esse hanno dovuto adattarsi ai mutamenti rapidi di questi tempi, modificando la loro attività, pur rimanendo legate al carisma della loro famiglia religiosa. Adesso ne sono rimaste quattro a tenere aperta la porta a chi ha bisogno. Così, a Chiavenna, da quasi un secolo, senza sobbalzi, senza strategie rumorose, sempre in servizio per gli altri. Una vita senza scosse, sempre uguale... Interrotta ora dal sacrificio di Suor Maria Laura. I moltissimi che hanno beneficiato della loro presenza umile e fedele adesso sanno che in quella casa austera di via Lena Perpenti è maturato l'eroismo d'una "Testimone del vangelo".

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Chiavenna (SO)- La confessione delle tre ragazzine in carcere :

«Colpivamo suor Maria Laura lei chiedeva perdono per noi». «Signore, perdonale». Sono queste le ultime parole pronunciate da suor Maria Laura prima di morire.

Mentre le tre giovani assassine la colpivano con diciannove pugnalate, la religiosa era in ginocchio, mani giunte e pregava per loro. Sono state le stesse ragazze a raccontarlo agli inquirenti durante l'ultimo interrogatorio, giovedì sera. Il parroco di Chiavenna che raccoglieva le sue confidenze: «Da tempo sentiva che solo nel martirio possiamo donare tutto di noi stessi». Monsignor Maggiolini: «Se davvero è successo, è una gran cosa».

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creature giganti non fanno audience

(Enzo Bianchi)

 Una donna cristiana, una suora, colpita da pietre, cade ma in ginocchio e, mentre una delle ragazze si accanisce a colpirla con un coltello, prega dicendo: «Signore, perdonale!». Sembra di vedere riattualizzato il martirio di Stefano alle porte di Gerusalemme, di rivivere la morte violenta di tante donne e uomini cristiani nel corso dei secoli. Tutti come colui che è il loro Signore, come colui che cercano di seguire giorno dopo giorno e che nella morte violenta esclama: «Padre, perdona loro non sanno quello che fanno». La fine violenta di suor Maria Laura non è un martirio ma è comunque la morte di una discepola, somigliantissima a quella del Signore Gesù.

 Tre ragazze che non sanno quello che fanno scaricando la loro violenza, l’aggressività del loro vuoto su una suora; hanno confessato di averlo fatto per fare qualcosa di diverso, quasi per gioco, ma dalla parte della vittima hanno trovato una donna che in ginocchio pregava, rinnovava la sua fede in Dio e chiedeva a Lui perdono per quelle omicide.